Era un po’ di tempo che avevo in mente quel versetto di John Donne, ripreso da Hemingway in “Per chi suona la campana”, che recita.
“ Nessun
uomo è un’isola.. Io sono partecipe dell’umanità ed ogni morte di uomo mi
diminuisce, perciò non mandare mai a chieder per chi suona la campana, essa
suona per te”, e, seppure ne condividessi totalmente lo spirito, mi
sembrava che in qualche modo fosse in contrasto con la parola di Gesù.
E questa sensazione
mi turbava.
Eppure John Donne, poeta
a cavallo tra il 5/600, era stato il decano della cattedrale di S. Paul ed
aveva scritto poesie e sermoni che certo non erano in contrasto con il Vangelo.
Incuriosito da quella
strana sensazione mi venne voglia di leggere per intero quei versi da cui
Hemingway aveva tratto quel versetto. Essi così recitano.
“Nessun uomo è un’isola intero in se stesso, ogni uomo è un pezzo del continente, una parte della terra. Se una zolla viene portata dall’onda nel mare, l’Europa ne è diminuita, come se un promontorio fosse stato al suo posto, o una magione amica o la tua stessa casa. Io sono partecipe dell’umanità, ed ogni morte di uomo mi diminuisce, perciò non mandate mai a chiedere per chi suona la campana, essa suona per te”
Mi ricordai allora di
aver letto un libro di Thomas Merton, il
cui titolo era appunto “Nessun uomo è un’isola” del quale in internet trovai
questa frase che ne spiegava il titolo.
“Quello che faccio viene dunque fatto per gli altri, con loro e per
loro: quello che essi fanno viene fatto in me, da me e per me. Ma ad ognuno
resta la responsabilità della parte che egli ha nella vita dell’intero corpo”
Seppure anche Merton,
morto nel 1968, fosse stato in vita un religioso, era un frate trappista, il
ché mi avrebbe dovuto assicurare circa la ortodossia del suo pensiero
religioso, quella sensazione di incertezza si focalizzò sul significato
profondo che sentivo che si celava tanto in Donne che in Merton; senza però
riuscire a chiarirla a me stesso
Così decisi di
parlarne con il mio Angelo.
La serietà con cui
ascoltò le mie parole e la pausa che ne seguì prima che incominciasse a
parlare, mi diedero subito la misura dell’importanza del mio dubbio.
Poi, senza neppure
l’ombra del sorriso con cui accompagnava sempre le sue risposte, prese a dirmi.
“Il tuo dubbio è fondato, ma non riguarda lo spirito che guidò quei due
religiosi quando scrissero quelle parole, perché tutta la loro vita, come tu
stesso hai rilevato, fu vissuta nello spirito del Vangelo.
Quello che ti turba è come l’assenza di Dio che sembra trasparirne, non
ti impedisca di condividerle.
Questa condivisione ti crea quel turbamento che mi hai rappresentato.”
Seguì un silenzio
pensieroso, quindi proseguì.
Ci invitano infatti a sentirci un tutt’uno con il resto dell’umanità, e
questo sentimento è possibile solo se supportato da un grande amore per il
prossimo, che altro non è che il comandamento primo dettato da Gesù.
E questo spiega la condivisibilità immediata che se ne ha.
Ma poi subentra, inconsciamente nel tuo caso, quel turbamento che non
sei riuscito a spiegarti, dovuto, come ti ho detto, all’assenza di Dio nel
mondo che quelle parole descrivono.
Un mondo d’amore, certo, ma limitato alla sola umanità, senza alcuna
uscita al di fuori di questa.
Un amore, in definitiva, dell’uomo e per l’uomo e quindi destinato a
morire con l’uomo stesso.
Nessuna salvezza quindi per quell’amore oltre la morte.
Gesù sembra non essere mai esistito.
Ma non è tanto questa considerazione che ti ha turbato, perché la tua
fede l’ha istantaneamente rifiutata, quanto quella che altrettanto
istintivamente hai intuito essere la costante di quelle persone che pur con
dispiacere, dichiarato o comunque sentito, affermano di non riuscire a credere
in Cristo.
Persone la cui vita in ultima analisi è simile alla tua, che cerchi di
seguire la parola del Signore.
Ed allora ti domandi come possa essere condannabile tale vita, se è
stata pervasa da quell’amore che le parole di Donne e Merton hanno descritto?
E’ una domanda terribile alla quale solo la giustizia del Signore darà
risposta.
E tu questo lo sai perfettamente, ma ciò non ostante il turbamento
permane.
Io credo che ciò avvenga, ed è giusto che sia così, non solo e non
tanto per l’amore che ti lega a quelle persone, quanto, e ciò non è giusto, per
il dubbio che Satana ha insinuato in te, proprio attraverso quell’amore, circa
la giustizia del Signore.
Solo la piena consapevolezza dell’assoluta perfezione di quella
giustizia potrà restituirti quella serenità che ti sembra di aver perduto.
Hai subito una delle tante tentazioni del maligno, la cui potenza è
superiore alle tue possibilità di resistenza senza l’aiuto del Signore.
Quindi, parafrasando proprio il versetto di Donne, non domandarti per
chi suona la campana, perché se da una lato è vero che suona per te in quanto
partecipe dell’umanità, ciò avviene non solo perché tu non sei un’isola, ma
perché la giustizia del Signore ha stabilito che suonasse.
Il perché neanche Donne lo ha affrontato, consapevole che la risposta è
insita in un atto di fede che il Signore ha chiesto a ciascuno di noi.
Quei versi infatti si rivolgono a coloro che, non credendo, mandano a
chiedere per chi suona la campana, e costituiscono meravigliosamente il primo
passo che quelli devono fare per giungere a quel Gesù cui non credono.
Donne infatti dichiarando che la campana suona per te in quanto
partecipe dell’umanità, ti carica anche del conseguente dolore, ma poiché
questo trova unica ragione nell’esistenza un precedente amore, e poiché colui
che manda a chiedere per chi suona la campana dimostra inequivocabilmente un
interesse per quella morte, questo interesse, ove non sia frutto di mera
curiosità, non potrà che avere natura sentimentale ,ovverosia d’amore.
Ed è proprio a questa persona che si rivolge Donne, non ad un credente
dunque la cui fede non necessita di tale domanda, per spiegargli come
quell’amore, che lo ha spinto a formulare quella domanda, debba estendersi a
tutta l’umanità proprio perché lui ne è partecipe.
E che ne sia partecipe lo dimostra proprio quell’interesse a conoscere
per chi suona la campana.
Amore quindi che deve poter esistere anche oltre la morte del singolo,
perché diversamente il dolore che dal suono di quella campane ne è derivato,
sarebbe unicamente un fatto personale
senza possibilità di superamento e
quindi, quel che è più grave, senza un valida ragione per accettarlo,
perciò inutile e come tale da evitare.
Ma è proprio questa decisione, non amare per non soffrire, che Donne
contesta ricordando, appunto, che nessun uomo è un’isola.
Non potendo ovviamente ricordare l’amore di Cristo in cui il suo
interlocutore non riesce a credere.
Ed allora tu, che al contrario di quello, sai perfettamente che la
campana suona per un tuo fratello e quindi per te, non ti turbare se in quei
versi Cristo pare assente, ma anzi apprezzane lo spirito di evangelizzazione.
E proprio quei versi siano la risposta da dare a coloro che dichiarano
di non riuscire a credere nella parola di Gesù.”
Quella notte mi addormentai sereno.