Una conversione

 

                                                Medjugorje 29/6/2005


Aveva percorso la prima parte del sentiero con l’attenzione rivolta unicamente alle inaspettate difficoltà che presentava, ed escludendo così, volontariamente, qualsiasi coinvolgimento emotivo.
Era fermo, ansimante per il caldo e la fatica, guardando il gruppo di pellegrini che si era avviato verso la statua della Madonna distante ormai poche decine di metri, quando il Reverendo che li accompagnava disse che chi avesse voluto, avrebbe potuto proseguire nella salita attraversando la cima della collina per giungere egualmente alla statua della Madonna sul loto opposto.
Mentre, seguendo un impulso per lui assolutamente irrazionale, aveva ripreso la salita verso la cima, alla moglie che unita al gruppo gli chiedeva la ragione di quel proseguire, non sapendo darle risposta, si limitò, senza neppure voltarsi, al allargare semplicemente le braccia.
Poco più in su la testarda attenzione che poneva nella salita fu inaspettatamente rotta da violenti quanto silenziosi singhiozzi di pianto che orgogliosamente riuscì a soffocare.

Giunto alla Madonna la sua attenzione fu interamente catturata dallo splendore del profilo del volto di una statua di giovane monaca inginocchiata.
Il marrone del saio contrastava con il purissimo candore di quel volto e rimirandolo si domandò la ragione di quella figura a grandezza  naturale rispetto alla statuina della Madonna alta non più di cinquanta centimetri.
Avvicinatosi, stupefatto si accorse non solo che non era una statua ma che il volto di quella giovane monachina incredibilmente non raggiungeva minimamente lo splendore del profilo che aveva visto, ed inoltre, quel che più lo colpì, era sudato per la fatica dell’ascesa, ed aveva perso l’espressione estatica che prima aveva notato.
In stato pressoché confusionale guardò la monachina sorridente discendere il sentiero a piedi scalzi senza che nessuno del gruppo ne avesse notato la
trasformazione.
La sera, riacquistata la propria padronanza, mentre, insofferente alla ritualità della funzione religiosa che si celebrava sul grande piazzale retrostante la chiesa, tentava di razionalizzare quanto gli era accaduto, udì un giovane monaco recitare dall’altare una preghiera con voce bassa e profonda in una lingua sconosciuta intervallata da lunghi silenzi.
E di nuovo durante quei silenzi si ripeterono i singhiozzi di pianto.

Il giorno successivo terminata la funzione religiosa, anziché unirsi al gruppo che faceva ritorno in albergo, attese la voce bassa e profonda del giovane monaco che nella sua lingua sconosciuta recitava la medesima preghiera.
Questa volta non ci fu alcuna crisi di pianto ma si accorse che, pur non comprendendone le parole, ne era spiritualmente partecipe.
Dopo cena, sebbene riluttante per la confusione che era in lui, seguì il gruppo per la funzione dell’Adorazione.
Il grande piazzale, che a semicerchio circondava il palco in cui era posto l’altare con al centro l’Ostensorio, era illuminato a giorno da potenti riflettori.
Sedutosi su di una delle panchine che arredavano il piazzale si accorse che una colonna gli impediva la vista della grande Ostia posta al centro dell’Ostentorio.
Decise di non spostarsi pensando che forse era giusto che così fosse.
Quando, spenti i riflettori, apparve il cielo stellato, una lontana voce femminile, accompagnata da un flauto ed un violino, iniziò con voce sommessa un canto.
A quel punto ebbe netta la sensazione fisica che un grande impalpabile velo avesse ricoperto il piazzale e che nulla di male, ma proprio nulla, potesse in quel momento accadergli.
Ma non osò alzare gli occhi al cielo.
Allorché il celebrante, sceso dall’altare iniziò a benedire con la grande Ostia i fedeli, nuovamente si ripeterono i singhiozzi di pianto.
Terminata la funzione e posto nuovamente l’Ostensorio sull’altare, si accorse di poterne vedere al centro l’Ostia con cui anche lui era stato benedetto.
         
Questi gli appunti che scrisse la sera stessa.

L’indomani decise di raccontare al Reverendo, che accompagnava il gruppo di cui faceva parte, quanto gli era accaduto, e questi gli rispose  testualmente : “ Vedi Gian Carlo se tu ieri invece di rimanere a letto fossi venuto a Messa avresti sentito nel Vangelo Gesù che chiedeva per tre volte a Pietro  se lo amasse. Tre volte come i tuoi singhiozzi dunque il Signore ha rivolto anche a te la medesima domanda”
Gian Carlo gli rivolse un sorriso ironico pur se quella risposta lo aveva completamente spiazzato.
Nei sei mesi successivi quei singhiozzi e la spiegazione del Reverendo ritornavano continuamente nei suoi pensieri sino a che un improvviso lampo visivo della monachina gli fece comprendere che aveva assistito alla trasfigurazione di quella per la presenza della Madonna che a lei sola era dato vedere e solo a Gian Carlo di assistervi.
Il giorno successivo rientrò in chiesa dopo circa trent’anni.

 

            

           

                          

 

    

 

 


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