La chiesa era letteralmente gremita di giovani amici del defunto il cui numero talmente elevato , calcolai nel minimo di oltre 100 , mi lasciò stupefatto.
Mi domandavo infatti che cosa avesse avuto di eccezionale quel giovane per raccogliere intorno a se tanto affetto.
La risposta che mi diedi non poté che essere la partecipazione affettiva nei confronti di tutti coloro che in vita gli erano stati intorno e che ieri ne sentivano la mancanza.
Dunque una bontà assolutamente fuori da ogni comune aspettativa.
Questa mia conclusione venne in qualche modo confermata dall’omelia che il celebrante aprì con l’invocazione a tutti i presenti di non “incolpare Dio” per tale morte.
Ma non ne diede alcuna spiegazione.
Anche nell’omelia di questa domenica il celebrante, commentando il passo del vangelo di Marco che racconta la guarigione del lebbroso che si era rivolto a Gesù dicendo “ Se tu lo vuoi puoi farlo” , ha evidenziato la potenza di Dio, omettendo però di soffermarsi sulla volontarietà da cui tale potenza dipende.
A questo punto non ho potuto non domandarmi, ma se il Signore avesse voluto avrebbe di certo potuto evitare quella morte così come aveva voluto mondare il lebbroso, ed allora, perché non l’ha fatto ?
Ed ancora: perché noi uomini di “poca fede” dovremmo cercare comunque di non “incolpare Dio” , certo non già di quella morte , ma quanto meno di non aver voluto evitarla ?
Ma se la risposta, per quanto riguarda la nostra fede, non può essere altro che la “qualità” di quella che noi abbiamo mentre quella del giovane di certo era superiore, perché diversamente non si spiegherebbe l’affluenza alla cerimonia funebre, perché Dio non ne ha voluto la sopravvivenza all’incidente stradale ?
Ed ancora come possiamo, noi uomini di “poca fede”, accettare l’ulteriore invito del celebrante il rito funebre a tutti coloro che amarono il giovane, a superare il dolore attraverso la certezza della beatitudine che il Signore di certo stava concedendo al giovane ?
“Quante e che domande ti sei posto Gian Carlo” mi disse l’Angelo la
sera quando l’ho trovato che mi spettava in salotto, “ ma sai benissimo che le
risposte devi trovarle da solo. Io posso solamente guidarti in questa ricerca”
“ Capisco” risposi “ che la
ricerca che mi chiedi, pur se non mi porterà alla certezza della veridicità delle risposte che potrò darmi,
indubbiamente aumenterà la QUALITA’
della mia fede, e questo sarà un gran risultato.
Prenderò quindi le mosse da
alcune certezze.
La prima: che il peccato originale, quale che sia stato, si è risolto
in una scelta di indipendenza dei nostri progenitori rispetto alla volontà del Creatore, che ha
portato come conseguenza l’assoggettamento alla morte, che , non essendo stata
voluta nella creazione, trova evidentemente origine demoniaca.
Ovverosia nell’assoggettamento
al Demonio stesso come si desume dalla definizione PRINCIPE DEL MONDO che Gesù
ben tre volte ne dà nel Vangelo di Giovanni.
La seconda: che la morte del giovane quindi fu voluta da tale Principe
, e di conseguenza non può essere incolpato il Signore.
Ma resta il fatto che pur avendone il potere non volle evitarla, come
avrebbe ben potuto. E in fondo a questa colpa si riferiva il celebrante nella
sua omelia.
Dunque la ricerca dovrà incentrarsi su quale fosse la volontà del
Signore nel momento dell’incidente .
Posto che tale domanda non ha possibilità alcune di risposta per via
del vincolo spazio temporale in cui siamo immersi che impedisce, ai nostri sensi oltre che alla
nostra ragione, la effettiva comprensione dello
stesso concetto di eternità in quanto privo di inizio e fine come tutto ciò che ci circonda.
Ne consegue che così come non ci è dato comprendere l’essenza del nostro Creatore se non come infinito amore, che però proprio la sua mancanza di
limiti ce ne rende impossibile
l’effettiva comprensione, altrettanto avviene per la sua volontà.
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