Alto nel cielo il Falco sorvolava con cerchi concentrici il castello sulla collina, dal cui ponte levatoio stavano uscendo quattro cavalieri, e la foresta brulicante con l’ampia radura antistante, nella quale tra l’erba alta spuntavano le orecchie aguzze di un coniglio selvatico.
Mentre il Falco si concentrava per l’attacco alla bestiola, una freccia la trafisse ed il cacciatore, sbucato dalla foresta, la pose nel sacco e scomparve da dove era venuto, per tornare felice alla capanna dove, fiduciosa, la sua famigliola lo attendeva.
Ripresa quota, il Falco puntò un grosso topo che con una velocissima planata artigliò per portarlo all’implume falchetto che, affamato, lo attendeva nel nido.
Anche quella mattina un Falco stava sorvolando quello che rimaneva della foresta e dell’antistante radura, dove però sorgeva un casale nella cui aia razzolavano galline ed i conigli erano stipati in ermetiche stie.
Ma il Falco sapeva che da un momento all’altro qualche topo sarebbe uscito dal fienile per mangiare il granturco lasciato sull’aia dalle galline impaurite dal suo volteggiare.
Con una radente planata il Falco piombò sul topo per poi sollevarsi con quello stretto tra gli artigli.
Mentre stava effettuando l’ampia virata che l’avrebbe portato al suo nido nascosto tra l’edera che ormai copriva i ruderi del castello, la fucilata lo colpì in pieno, ed il cacciatore, felice per il nuovo trofeo, lo infilò nel carniere..
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