mercoledì 30 dicembre 2020

Ancora sulla Sofferenza

 

Ripensando alla chiacchierata che avevo avuto con un amico che, nonostante una educazione religiosa nell’infanzia, dichiarava di aver perduto la fede, mi rendevo conto di non essere stato in grado di fornirgli argomenti validi per fargliela ritrovare.
Decisi quindi di chiedere aiuto al mio angelo.

“ Tu che già conosci la mia angoscia saprai benissimo che il problema che mi si è presentato è quello di un’apertura di dialogo con una persona che razionalmente ha già rifiutato, come non più credibile, l’esistenza di Dio.
Una persona cioè la cui fede, acquisita negli anni dell’infanzia ma non più coltivata durante la giovinezza, è stata annichilita se non addirittura spazzata via dalle quotidiane problematiche della vita.
Il momento che non ero riuscito a superare era stato quello iniziale: come rispondere a quell’affermazione di incredulità che, seppure non fondata su alcun ragionamento di carattere religioso e tanto meno scientifico, come peraltro avviene nella maggior parte dei casi, si limita a dichiarare un stato di fatto, ovverosia la mera impossibilità di credere?”

L’angelo mi rispose con una sua domanda, come avveniva quasi sempre.

“Io non credo che quel momento iniziale tu non sia riuscito a superarlo, ma credo che oggi tu pensi di non averlo superato perché ritieni che avresti dovuto trovare argomenti che dimostrassero l’erroneità della posizione assunta dal tuo amico.
Hai, infatti, creduto di dover convincere il tuo amico dell’erroneità della sua incredulità attraverso un ragionamento dimostrativo dell’esistenza di Dio, per il quale non eri preparato. E non lo eri perché la fede prescinde da qualsivoglia ragionamento.
Ed allora ti domando: qual era l’approccio dialogico che hai scartato ritenendolo insufficiente? Perché di certo proprio la tua fede istintivamente te ne aveva suggerito uno.”

Rimasi interdetto alla sua domanda che per la verità non mi aspettavo, tuttavia dopo aver richiamato alla memoria il colloquio che avevo avuto con il mio amico mi venne in mente che istintivamente avevo pensato  alla frase di Gesù riferita da Giovanni nel suo vangelo, e quindi così gli risposi.

“La testimonianza, questo era l’approccio che avevo scartato. Come ricorda Giovanni, Gesù prima di essere tratto in arresto disse ai discepoli “Quando verrà il Paraclito che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi darà testimonianza; ed anche voi mi renderete testimonianza, perché siete con me sin dall’inizio”. Dunque avrei dovuto semplicemente dare testimonianza della mia fede, ma con quali parole?”

L’angelo sorridendo mi rispose.

“Ma con quelle che hai pronunciato. Tu, infatti, gli hai parlato della tua fede, e non della necessarietà della fede per ottenere la salvezza, che avrebbe trovato l’insormontabile obiezione della sua incredulità quantunque immotivata.
Se ben ti ricordi il tuo amico ti ha detto di aver perso quella “certezza” che ti invidiava, e tu gli rispondesti che non era la fede ad aver perso perché la fede non si può perdere ed è da questa che deriva la certezza, ma se non la si può perdere si può affievolire tanto da dubitare di poterla ritrovare.
Ed allora facesti ricorso alla frase di Gesù riferita da Luca: “Cercate il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”
Si trattava quindi di chiarire a se stessi che cosa si intendesse ritrovare o meglio, precisasti, cercare.
E fu a quel punto che menzionasti la frase di Gesù riferita da Giovanni: “Dio nessuno l’ha visto mai, l’Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, Egli lo ha rivelato” per escludere così che all’uomo possa essere possibile avere la conoscenza di Dio se non  attraverso il Figlio, attesi i limiti di spazio e tempo entro i quali è costretta la mente umana.
A quel punto la risposta all’incredulità, dolorosa bada, del tuo amico poteva trovare soluzione solo nell’integrazione delle frasi di Gesù riportate dai due evangelisti: “Egli lo ha rivelato” e “Cercate il regno di Dio”.
Luca invita alla ricerca, non già direttamente di Dio, ma del Suo regno e Giovanni ne indica la strada: “Egli lo ha rivelato”.
Dunque, affermasti, è proprio quel “Cercate” di Luca che ci dice che la certezza della quale il tuo amico lamentava la mancanza poteva essergli data dalla Ricerca del regno di Dio perché “tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”.
E quella “Cerca” poteva avvenire solo attraverso la Rivelazione fattane da Gesù.
 Concludesti quindi il discorso dichiarando che tu quella ricerca la ricominciavi ogni giorno da capo perché ogni giorno Satana ti riproponeva con successo, dato il suo immenso potere sull’umanità, il deserto spirituale conseguente alla lontananza da Dio in cui lui ti poneva continuamente.
E quale testimonianza migliore avresti potuto fornire al tuo amico?”

 
 
   
 
 


mercoledì 2 dicembre 2020

La sofferenza

 


Stavo sognando qualche cosa di verde, forse un prato o forse un bosco, quando una punta di dolore si fece più viva svegliandomi. Mi  ricordai  allora di aver subito un’operazione e di essere solo nella  camera da letto di casa mia.
Per nulla impressionato da quella solitudine che sapevo momentanea né dal dolore che attribuii ai punti di sutura, decisi di non chiamare nessuno ed attendere l’evoluzione di quello che al momento era poco più di un fastidio ancora tollerabile.
Quando però l’aumentare dello stesso incominciò ad impensierirmi e fui tentato di chiamare chi si trovasse in quel momento in casa, ma una forma di orgoglio mi fece desistere.
Non che fossi un coraggioso, ché  al contrario ritenevo  minima la mia  tolleranza al dolore, ma più forte era il pudore di mostrare la mia sofferenza.
O forse più che il pudore era la consapevolezza della scarsa sopportazione che, facendomi sentire totalmente indifeso, ritenevo mi esponesse alla pietà altrui.
E questo era per me inaccettabile.
Decisi quindi di attendere che la forza del dolore avesse vinto il mio orgoglio e quindi la mia stessa umana dignità.
Ecco, mi dissi, la dignità e non l’orgoglio  mi stava spingendo a resistere al dolore : non volevo  mostrare di me un corpo ormai privo di quella umana dignità che tutti gli  esseri dovrebbero sempre avere, ma che la sofferenza  cancellava.
Mentre cercavo di mantenere la mente concentrata su  queste considerazioni,  così da non sentire o quanto meno attutire la lama del dolore involontariamente formulai  a bassissima voce  la domanda che mi opprimeva.

“ Perché Signore permetti che tutto ciò mi accada ?”
“ Dovresti saperlo Gian Carlo, solo che tu ripensassi alle parole di Gesù” rispose sommessamente una voce .
Al  momento so solamente che sei il mio Angelo Custode e che la mia Fede mi consente di sentire la tua voce. Anche se mi hai sempre parlato”
“E’ vero che  ti ho sempre parlato  , così come continuo a rivolgermi anche a chi non crede, ed è vero che la tua fede ti consente di udire la mia voce, ma anche coloro che non credono la sentono nella  loro  mente, ma pensano che siano loro stessi a rispondere  ai propri  interrogativi.
Ma non è così perché il Signore si rivolge sempre a tutti, credenti e non, come ci conferma   Giovanni  che ci riporta la frase di Gesù:  “Io sono il Buon  Pastore e do la mia vita per le pecore. Ed ho altre pecore che non sono di quest’ovile. Anch’esse  devo guidare, ascolteranno la mia voce e saranno un solo gregge, un solo pastore.”
“ Ma allora ,ti domando nuovamente Angelo, come mai,  se tutte le pecore sono del Signore,  il dolore colpisce indistintamente  dentro e fuori dall’ovile?”
“ Dimentichi il Libero Arbitrio Gian Carlo. La libertà è il dono che il Creatore ha dato a tutte le sue creature, Angeli compresi. Ma Lucifero con   alcuni angeli  credette di potere, proprio in forza di quella libertà, essere  simile a Lui, e fu il Male. E sempre Giovanni ci riporta le parole con cui Gesù, preparando gli apostoli  al suo sacrificio , si riferisce alla potenza del demonio: ”Io non mi intratterrò più a lungo con voi, perché viene il Principe del mondo; egli non ha alcuna presa si di me.” Dunque il Male è il principe del mondo, ma l’uomo resta libero nella sua scelta.”
“ Ma come può essere libera la scelta dell’uomo dinanzi  le tentazioni se solo Gesù è stato in grado di opporsi, e lo ha potuto fare solo in quanto Dio? Come scrive Luca riferendo la risposta di Gesù all’ultima tentazione : “Non metterai alla prova  il Signore , tuo Dio”.
Dunque al Male non vi è scampo per l’uomo?”
“La risposta alla tua domanda l’ha  data Gesù stesso quando ha detto : Finora non avete chiesto nulla nel mio nome .Chiedete e riceverete.  La libertà dell’uomo  dunque   si manifesta  nella libera facoltà di chiedere  aiuto a Dio nel nome di Cristo.” rispose  l’Angelo.
 
Quindi proseguì.
Mi rendo conto di non aver ancora risposto alla tua domanda iniziale sul perché Dio consenta la sofferenza   ma questa premessa era necessaria.
 Va detto che la sofferenza era ignota nel Paradiso terrestre; le creature erano libere con l’unica limitazione relativa all albero i cui frutti erano vietati. Questa limitazione stava a significare la necessaria obbedienza a Dio dovuta dalle creature, quale riconoscimento non solo della superiorità ma ancor più dell’imprescindibilità del Creatore per le creature stesse.
  Nel momento in cui l’uomo ha voluto avere coscienza di se, violando il divieto divino, si è posto in una posizione autonoma rispetto al suo Creatore, implicitamente  reclamando una autonomia gestionale della propria vita e così esponendosi  definitivamente al potere del Principe del mondo e quindi al male che da esso discende.”
“Mi è chiaro quanto mi dici, pur tuttavia la domanda resta: perché il Signore consente che il demonio continui a spargere la sofferenza nel mondo?” risposi .
Il motivo è uno solo e riguarda il dono della libertà che Dio ha dato a tutte le creature nel momento della creazione con quell’unico divieto per Adamo.
 Come  Lucifero anche l’uomo ha effettuato la sua scelta che prescindeva da Dio, ed allora come può il Signore  che, ricordati,  è Dio di Giustizia, cancellare  dal creato solo il primo, ossia Lucifero e con lui la sofferenza, quando ambedue hanno commesso il medesimo peccato che , lo ribadisco, è consistito nell’allontanamento di Dio nelle proprie scelte?
“Ma così  facendo  ha condannato solo l’uomo al dolore.” Obiettai.

"No, perché con la sua scelta di prescindere dal volere divino l’uomo si è liberamente allontanato da Dio, la sua quindi  è stata un’autocondanna.
Ma non basta, con tale sciagurata scelta Adamo ha condannato anche la sua discendenza alla quale ha trasmesso quella autocoscienza che aveva reclamato per se.
Il Creatore infatti, proprio a motivo della Sua giustizia, che impediva la cancellazione dal creato del solo Lucifero, avrebbe dovuto cancellare anche Adamo e con tale atto rinunciare al proprio disegno creativo; perché è di tutta evidenza che solo l’uomo ne era il centro.
Ma tale atto avrebbe contraddetto quella libertà che al contrario caratterizzava la tutta la creazione e che era stata concessa ad Adamo, e ciò era evidentemente impossibile atteso che in ultima analisi tale cancellazione si sarebbe risolta in una revoca del dono di libertà che il Signore aveva concesso.
Libertà dunque che il primo uomo ha rivendicato a se stesso incurante delle conseguenze che avrebbe avuto sulle generazioni a venire che avrebbero subito la sua stessa condanna.
 Alla quale però Gesù, con il sacrificio sulla croce, ha dato a tutta l’umanità  il potere di  redenzione.
 La sofferenza esiste perché esiste il demonio, che ne è il portatore, e la sparge nel mondo  proprio per indurre l’uomo ad accusare Dio di ingiustizia, e condurlo così fuori  dall’ovile.
Anche Giobbe, che pure era un uomo timorato di Dio, non resistette al dolore ed alle sofferenze, ed allora non potendosene dare una spiegazione accusò il Creatore di ingiustizia rivendicando per se stesso proprio lesemplarità della sua vita quale metro di giustizia, in tal modo ergendosi a giudice di se stesso e così allontanando da se il Creatore stesso e compiendo quello stesso peccato del suo progenitore Adamo.
 Ed  allora Gian Carlo non domandarti mai  perché il Signore permetta che tu soffra, ma ricorda a  te stesso che il Signore è pronto ad accogliere la tua richiesta di aiuto nel nome di Gesù.
 E pensa inoltre che in certi momenti , come quello in cui ti trovi, anche la  Dignità alla quale ti sei attaccato può trasformarsi in una sorta di orgoglioso rifiuto dell’amore  altrui e quindi del precetto divino che impone  l’umiltà di chiedere non solo aiuto a Dio ma anche  amore ai fratelli, ai quali la vista della sofferenza non deve indurre  pietà ma amore”


 

 

 

 


venerdì 20 novembre 2020

La Poesia

 


Avevo dunque un problema.

Se la fede mi aveva dato la risposta  circa impossibilità di immaginare l’essenza di Dio, a causa del peccato originale  che aveva corrotto l’originaria essenza dell’uomo simile a quella del suo creatore, quale risposta avrebbe dovuto darmi la mia umanità circa la volontà del creatore stesso di punire quel peccato con la degradazione della natura della sua stessa creatura e conseguentemente con l’inconoscibilità della sua originaria essenza, simile, appunto, a quella di Dio?

Posto che i limiti di spazio e tempo in cui l’umanità si trova ne costituiscono la spiegazione , per così dire, tecnica, rimane insoluta la risposta circa la volontà del creatore.
Poiché tutte le risposte che mi davo trovavano fondamento unicamente nella mia fede la sera chiesi al mio angelo se la domanda che mi ponevo potesse avere un risposta.

“No” mi rispose “ proprio perché tu la cerchi dimenticando quei limiti che proprio ora hai menzionato.”
“ Ne discende quindi” conclusi io “ che all’uomo non è dato trovare la risposta che cerco?”
“ Non nei termini in cui tu la cerchi, ovverosia come obiettivamente corretta, e quindi valida per tutti, credenti e non.
La  fede infatti ti ha dato una risposta che però è valida solo per chi crede. Ed ora ti domandi come rispondere agli altri?. Ma sai che , nei termini in cui te la poni, non può avere risposta.”
“E’ vero” risposi, ma poi aggiunsi “Tuttavia una risposta è stata data, che non è obiettivamente corretta forse, ma che comunque prescinde dalla fede.
La poesia, caro Angelo, perché  solo i poeti sono in grado di darla attingendola dalla loro umanità, e non l’uomo comune che l’ha ormai persa.
Mi viene in mente il mio poeta preferito, Salvatore Quasimodo, quando scrive : La vita non e’ questo tremendo, cupo battere del cuore, non e’ pietà, non e’ più che un gioco del sangue dove la morte è in fiore. O mia dolce gazzella, io ti ricordo quel geranio acceso su un muro crivellato di mitraglia. O neppure la morte ora consola più i vivi, la morte per amore ?
“ L’amore dunque, Gian Carlo, è la risposta che tu cercavi?” mi domandò l’Angelo “ Ma questa non è anche la risposta che ti ha dettato la fede?”
“ Sembra, ma non è così. Quella del poeta prescinde dall’amore del creatore per tutte le sue creature, è l’amore dell’uomo per il suo simile, è appunto quel fiore di geranio che qualcuno passando ha lasciato sul muro contro cui fu ucciso un uomo.”
“ Giusto, Gian Carlo, ma ritorniamo alla domanda che ti ponevi in ordine alla volontà punitiva del Creatore che avrebbe degradato l’originaria natura o essenza dell’uomo. Quale risposta sei in grado di darti ora che hai accertato che solo l’amore dell’uomo verso il suo simile può consolare i vivi da quel gioco del sangue ove la morte è in fiore ?”
“la prima osservazione che mi viene in mente è che quell’amore, proprio in virtù del contrasto con quel cupo battere del cuore che caratterizza l’umanità, è quanto resta dell’originaria natura dell’uomo prima della sua degradazione.”
“E allora ?” mi incalzò l’angelo.
Se dunque è quella la natura di quell’amore, ed abbiamo visto che l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, ne consegue che anche la natura del Creatore è pervasa da quello stesso amore. E, quel che qui più interessa, a questa conclusione siamo giunti prescindendo dalla fede.
Ma non mi nascondo che questo amore  contrasta inequivocabilmente con il degrado subito dall’uomo per la volontà punitiva del Creatore.
E’ evidente quindi che, se i presupposti circa l’amore quale natura che l’uomo ha ricevuto dal suo Creatore sono corretti, quel contrasto non si pone con la volontà punitiva di Dio bensì dell’uomo stesso, atteso che sono solo due i soggetti del nostro ragionamento: il Creatore e la sua creatura.”
“ E allora ?” mi incalzò nuovamente l’angelo.
“ Allora significa che non fu Dio a degradare l’uomo volendolo punire, ma che nell’uomo stesso va ricercata la ragione della propria degradazione.”
“ Torniamo così al peccato originale ? Ma ti ricordo che la ricerca della volontà punitiva del Creatore, da cui sei partito,  avrebbe dovuto prescindere dalla Fede”
“No, Angelo, non intendo ritornare al peccato originale ma all’umanità dell’uomo come è oggi e non come era al momento della creazione. Cioè a quel cupo battere del cuore, a quella mancanza di pietà, a quel gioco del sangue dove la morte è in fiore, per domandarmi come e perché tutto ciò sia successo.
E la risposta non può essere che una ed una sola: la volontà di conoscenza intesa quale necessità di vita:  fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza, appunto, come afferma Ulisse. Perché questa concerne sia il bene che il male e quest’ultimo ha avuto il sopravvento essendo di più facile attuazione e, quel che più conta, indolore per l’agente.”
“ Cosa concludi quindi?” mi disse l’Angelo.
“ E’ semplice. Che la domanda, in ordine alla volontà punitiva del Creatore che comportando il degrado dell’uomo ha reso inconoscibile Dio stesso, non ha risposta perché è mal posta. Dio non è inconoscibile per sua volontà ma per quella dell’uomo che consente nella propria natura la prevalenza del male sul bene.
Quando sarebbe sufficiente un fiore di geranio per conoscere Dio.”

Sorridendo l’Angelo sparì.


 

 

 

 

 

 


domenica 8 novembre 2020

Il volto di Dio

 



Anche quella sera mi addormentai con un dubbio.

Se, come avevo intuito, il  limite della conoscenza umana era racchiuso tra le due categorie dello spazio e del tempo e tale limite ci impedisce la conoscenza diretta di Dio, perché  fu voluto al momento della creazione, rendendo così possibile la più grave delle tentazioni di Lucifero: quella della inesistenza di Dio, e quindi della vita oltre la morte?

"La tua domanda” mi rispose l’Angelo “è comprensibile. Infatti, come ebbi già a dirti, a nessun essere umano è dato conoscere Dio se non attraverso il Figlio. Ma ciò, bada, non per sua volontà ma perché la materialità dell’uomo costituisce il limite insuperabile dei suoi sensi.”

A quel punto non potei fare ameno di interrompere il suo ragionamento per esprimere la domanda che mi pressava.

“Ma se questa impossibilità di conoscenza diretta non era nella sua volontà, come tu dici, perché mai ha permesso che caratterizzasse la creazione dell’uomo, rendendo così impossibile non solo di alzare lo  sguardo verso di Lui ma addirittura immaginarlo ?”

Sorridendo per la veemenza con cui avevo espresso il mio rincrescimento, al limite della critica, l’Angelo così mi rispose.

“Non è vero che fu il Signore a porre quei limiti che tanto ti sdegnano. Si legge infatti nella Genesi, dopo che Adamo ed Eva avevano mangiato il frutto proibito:<Adamo e la sua moglie si nascosero alla faccia del Signore Iddio>.E più oltre la Genesi prosegue con il dialogo diretto tra loro ed il Signore.
Dunque  essi poterono vederlo finché rimasero nel Paradiso Terrestre”
"Ho ben presente quel passaggio della Genesi” risposi "ma è del tutto evidente che anche a loro il Signore non si rivelò nella Sua reale essenza.
Mirabile, e penso veritiera, la rappresentazione che ne fa Michelangelo nell’affresco della creazione, ma il dubbio, ovverosia la ragione di quel limite posto alla natura umana mi resta incomprensibile. E quel che più mi tormenta e che da tale inconoscibilità ne è derivata: da un lato la negazione della Sua esistenza, e dall’altro l’impossibilità, per coloro che  comunque credono, di darne la prova definitiva ed inconfutabile”
“E’ vero” rispose l’Angelo “ma dimentichi che Iddio si mostrò a Mosè ed a coloro che egli stesso aveva concesso che salissero sul monte Sinai. Nell’Esodo infatti si legge : < E videro Iddio di Israele : sotto i suoi piedi vi era come una lastra lavorata di zaffiro, simile in chiarezza al cielo stesso. Egli non avventò la sua mano su quegli eletti dei figli di Israele; ed essi videro Iddio, e mangiarono e bevvero>”
“Non ho affatto dimenticato gli episodi che hai citato” risposi io “ma da quelli non è dato comprendere quale sia l’essenza di Dio, perché è evidente che si mostrò loro nella forma ad essi comprensibile. E per ciò stesso non risponde alla domanda di conoscenza da cui siamo partiti”

Mi rispose l’Angelo:
“Non è certo, Gian Carlo, che Dio si sia mostrato loro nella forma ad essi comprensibile, perché nulla esclude che nella Sua infinita potenza Dio li abbia liberati dai limiti dello spazio e del tempo.
Al contrario proprio questa ipotesi dovresti ritenere più attendibile leggendo attentamente quel passaggio della Bibbia, solo che tu vi riflettessi sopra senza l’assillo di trovare quella risposta che tu stesso hai definito impossibile per l’uomo.”

Confuso per quell’affermazione non potei che rispondergli di non comprendere quanto  affermava.
“Vedi ,Gian Carlo, quel passo si chiude dicendo: < Ed essi videro Iddio, e mangiarono e bevvero >.
 Perché mai precisare che mangiarono e bevvero, quando l’eccezionalità di ciò che era loro accaduto era stata la vista di Dio?
Evidentemente perché anche il mangiare ed il bere dovevano considerarsi eccezionali, ché diversamente non sarebbe stata necessaria la loro menzione  essendo tali atti naturali per l’uomo.
 Ma allora qual era l’eccezionalità se non quella che dopo la vista di Dio quelli avevano ripreso le forme umane e con esse le menzionate necessità. Perché è di tutta evidenza che una simile vista avrebbe dovuto stravolgerli in maniera tale, quanto meno, da non far sentire loro quelle necessità.
 Dunque mi sembra più logico ritenere che non fu Dio a mostrarsi  in una forma loro comprensibile, ovverosia nelle categorie dello spazio e del tempo, ma che loro furono  estratti dalle stesse così da poter vedere Dio nella Sua Essenza, e quindi una volta reinseriti nella loro umanità sentirono la necessità di mangiare e bere”
"Ho compreso quanto mi hai fatto notare ed ovviamente mi convince totalmente.” risposi io “tuttavia la mia domanda iniziale circa la ragione della inconoscibilità del Signore non ha trovato risposta”

Mi rispose  l’Angelo
"Sempre nella Genesi si trova la risposta che cerchi.
Si legge infatti che Dio fece l’uomo a Sua immagine e somiglianza. Ma erroneamente nella fede popolare si è fatto riferimento a quella dell’uomo, dimenticando però che quel primo uomo, Adamo, fu posto nel Paradiso terrestre ove tutte le caratteristiche principali dello stesso creato sia di flora che di fauna erano diverse da quelle odierne, prima fra tutte la temporalità.
Il Paradiso era infatti fuori del tempo essendo posto nell’Eternità e di conseguenza dello spazio  essendo questo in cui viviamo corruttibile dal tempo.
Poiché però la Genesi aggiunge che Eva fu tratta dalla costola di Adamo, sembra doversi concludere  che le fattezze di quello fossero le stesse di quelle odierne seppure non soggette ai limiti di spazio e tempo.
Ed è questa la domanda che devi porti, ed alla quale la tua umanità e  la tua fede devono dare una risposta.”
“ Il peccato originale ?” domandai
“ Si mi rispose l’Angelo, “che corruppe l’originaria essenza dell’uomo” ma poi aggiunse : Ma questa è la risposta che ti ha dato la fede, ed è giusta, ma come risponde la tua umanità ?”

La mattina , ricordando questo dialogo, mi resi conto di avere un problema.

 

 

giovedì 29 ottobre 2020

Il Peccato Originale

 



Anche quella notte avevo un problema che solo il mio Angelo avrebbe potuto risolvere. Perché mai da un po’ di tempo a questa parte  la critica laica alla religione cattolica si incentrava sul peccato originale individuandone la natura  solo ed unicamente nel sesso, facendone discendere l’inaccettabilità dalla stessa natura dell’uomo, e così giungendo alla conclusione  che solo eliminando tale peccato l’umanità avrebbe potuto vivere più felicemente.
Si affermava infatti, sulla scorta della teoria Freudiana, che detta concezione peccaminosa  avrebbe inciso sull’evoluzione psichica  dell’umanità creando un vero e proprio complesso psicanalitico che ne minava inesorabilmente il libero sviluppo.
In altre parole quello del peccato originale sarebbe il primo complesso che  graverebbe  sulla psiche di ogni essere umano sin dalla nascita.
Si sosteneva infatti che anche quello del peccato originale non fosse altro che un mito parificabile a tutti quelli che avevano inciso ancestralmente sulla psiche umana  per tutte le generazioni , creando così quei complessi  che determinavano i comportamenti umani per il cui superamento la psicoanalisi insegnava che si dovesse far riferimento appunto a quei miti ancestrali senza il superamento dei quali ogni cura psicanalitica era destinata a sicuro insuccesso.
Ma quale comportamento morboso, mi domandavo, avrebbe potuto derivare dal “mito” di Adamo ed Eva e del frutto proibito se non quello della imprescindibilità dell’obbedienza, e più ancora della disobbedienza come peccato di gravità tale da meritare  il castigo divino?
E perché mai ritenere che il peccato commesso dai nostri progenitori avesse come  oggetto specifico il sesso quando al contrario il Creatore stesso aveva dichiarato: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e saranno una sola carne.”

“Il problema che ti angoscia , Gian Carlo” mi rispose l’Angelo “ non è tanto quello che hai espresso ovverosia la disobbedienza al dettato divino, perché tu sai perfettamente che costituisce di per sé colpa e conseguentemente comporta il castigo, e ciò vale sia per la legge divina che per quella umana, e neppure l’interpretazione per così dire sessuale del frutto proibito  perché , come giustamente osservavi, lo stesso Creatore creò la donna perché si unisse all’uomo,  quanto la gravità della punizione inflitta ai tuoi progenitori che te ne fa dubitare la giustizia e quindi la effettività della sua applicazione da parte del Creatore.
Da tale dubbio ne è derivato quello che effettivamente ti angoscia e cioè che il famoso frutto proibito non sia altro che una metafora a spiegazione della imprescindibilità dell’obbedienza alla legge divina senza alcuna libertà per l’uomo di poter determinare la propria vita prescindendo , appunto, da tale legge.”

“Se ti riferisci al Libero Arbitrio” risposi io “in qualche modo fa  parte del mio problema , ma non lo esaurisce. Io credo che effettivamente il Signore offrì ad Adamo la facoltà di obbedire o meno al suo comando, tant’è che poté disubbidire.
Ma allora , mi domando, che senso ha il successivo castigo se , come abbiamo visto, gli era stata concessa quella facoltà di disubbidienza, che quindi lui ha esercitato essendo nelle sue legittime facoltà?.
E come può definirsi libera una decisione che ove contrasti con un potere superiore comporti ineluttabilmente un castigo?
Ed infine se i dubbi che ho espresso hanno un qualche fondamento, almeno logico ,altrettanto può sostenersi per la tesi del mito ancestrale che tanto mi turba per le conseguenze cui giunge.”

L’Angelo così mi rispose.
“I dubbi che ti poni sono stati affrontati dai più grandi teologi che ne hanno dato dotte quanto inconfutabili spiegazioni, ma che non sono facilmente comprensibili da chi non sia esperto di teologia, da qui il riproporsi degli stessi da parte anche dei credenti che, come te, si indignano nel sentire come gli stessi vengano utilizzati per scardinare i principi della nostra fede  o, quanto meno, per irriderla.
Tu infatti, che non sei un esperto, come senti di confutare tali tesi, perché è proprio all’uomo comune e non al teologo che quelle si rivolgono; e quindi dal tuo pensiero deve partire il nostro dialogo."

“Al di là che io credo che la ragione profonda che spinge i sostenitori di tali tesi sia la paura di avere torto, e quindi tali elucubrazioni altro non siano che il tentativo, vano peraltro, di esorcizzare tale paura che in ultima analisi altro non è che la paura della morte quale definitiva cancellazione di ogni forma di sopravvivenza del proprio essere sia corporeo che spirituale ,va detto comunque, anche senza far ricorso al pensiero dei padri della chiesa, che si devono dare semplici ma definitive risposte a tali tesi, facendo semplicemente ricorso alle sacre scritture che sono l’oggetto delle critiche di cui dobbiamo parlare.
La Genesi si apre con la frase < In principio Dio creò il cielo e la terra>.
Sulla creazione sono state formulate le più svariate ipotesi che non hanno trovato la benché minima prova scientifica ed ancora si spendono infinite quantità di danaro per tentare di trovare quale e come sia avvenuto l’inizio di tutto.
Ma ci si dimentica che proprio la ricerca di un inizio presuppone che vi sia stato un Prima e proprio questo prima presuppone che vi sia stato qualche cosa di diverso da ciò che oggi esiste. Qualche cosa da cui abbia preso inizio tutto ciò che ci circonda.
Dunque ciò che ci circonda nasce da questo qualche cosa che non può essere scoperto o meglio identificato in quanto totalmente diverso da tutto ciò che ne è derivato e che noi chiamiamo il Creato, perché i nostri strumenti di ricerca, primo fra tutti il pensiero, sono una derivazione di quello e quindi assolutamente inadatti a comprendere ciò che era prima, data appunto la totale diversità.
In parole più semplici, i nostri strumenti sono per così dire tarati da due imprescindibili  categorie : lo Spazio ed il Tempo.
 Non siamo in grado di immaginare nulla che non sia inquadrabile in tali categorie; ma queste hanno avuto, come abbiamo visto, un Inizio e quindi la nostra ricerca non è in grado di superare quel limite, quello cioè in cui tutto ha avuto inizio e con esso lo spazio, appunto, ed il tempo.
Noi crediamo che quel “Prima” sia l’Essenza di Dio.
Il Tutto cioè era Dio e da Lui ha avuto inizio ciò che ci circonda che, appunto, da Lui proviene.”

“ Il tuo ragionamento” mi rispose l’Angelo “è corretto. Infatti a nessun essere umano è dato vedere Dio. Ma ciò , bada, non per sua volontà ma perché la materialità dell’uomo costituisce il limite insuperabile dei suoi sensi.”

Soddisfatto me ne tornai a dormire.

 
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giovedì 22 ottobre 2020

La Misericordia Divina

 



Quella notte non riuscivo a prendere sonno.
Mi ritornava nella mente una frase del teologo Vittorio Mancuso che, rispondendo alla critica di Civiltà Cattolica sulla sua tesi circa la possibilità di vivere una vita “autentica” senza necessariamente credere in Dio, affermava l’esistenza di una teologia “laica cioè abitata dall’aria pulita della libertà di pensiero, unica condizione, a mio avviso, perché l’occidente torni ad interessarsi della sua religione”.
Decisi allora di alzarmi ed andare in salotto con la speranza che il mio Angelo Custode venisse ad illuminarmi.
E così fu, almeno credo, dal ricordo del sogno che avevo avuto durante la notte.

“Conosco , Gian Carlo, perfettamente il dubbio che ti angustia” esordì l’Angelo “ma so che nella tua mente o meglio nella tua fede vi è già la risposta. Dunque dammela così che io possa tranquillizzarti con il mio assenso. Perché proprio e solo la fede contiene la giusta risposta a quella affermata possibilità di una esistenza  autentica senza necessariamente credere in Dio.”
“ Vedi, caro Angelo, iniziai a dire io “ciò che mi turba non sono solo quelle affermazioni ma il principio che ne è insito.
In primo luogo l’autenticità di tale vita, che un credente non può sostenere atteso che la sua fede gli insegna che solo in Dio vi è la Verità, come Gesù ha variamente affermato, e la Verità non potendo che essere Autentica esclude che possa esistere un’autenticità che non sia Vera.
In secondo luogo perché la libertà di pensiero cui si afferma si traduce nell’esclusione di Dio dalla propria vita, e ciò è inammissibile per un credente la cui vita deve essere indirizzata verso la salvezza che solo presso Dio possiamo trovare.
In terzo luogo, conseguente al secondo, perché se si allontana Dio dalla nostra vita si commette lo stesso peccato di superbia che ha dannato Lucifero, cioè quello di ritenersi indipendenti da Lui e quindi , in ultima analisi, uguali.
In quarto luogo quella che Mancuso definisce come “teologia laica” è una vera e propria contraddizione in termini ,dal momento che la teologia consiste nello studio della parola di Dio, mentre con il termine laico si esclude proprio il concetto di Dio, e quindi della Sua parola.

Infine ciò che più contesto è quel richiamo all’interessamento alla propria religione che l’occidente potrebbe ritrovare solo attraverso l’invocata libertà di pensiero; quasi a dire che per trovare  Dio non è necessaria la Fede ma la libertà di pensiero, dimenticando così che le limitazioni della mente umana rendono incomprensibile tutto ciò che non rientri nelle categorie di spazio e tempo in cui noi viviamo, mentre Dio, che le ha create, ne è ovviamente oltre e quindi non raggiungibile attraverso la mente umana.
Ma non basta, questa ricerca attraverso solo la libertà di pensiero, contiene altresì una conseguenza inaccettabile e cioè che ove il libero pensatore non riuscisse a raggiungere la Fede, ovvero la consapevolezza dell’esistenza di Dio, tale ricerca comporterebbe egualmente la sua salvezza.
Insomma mi pare capire che Mancuso sostenga che comunque una vita vissuta in una onesta buone fede e nel rispetto di quelle regole che si definiscono <un vivere civile>, pur se esclude l’esistenza di Dio, sia meritevole della ricompensa divina.
Questa la conclusione aberrante, seppure non espressa esplicitamente, che si ricava dall’articolo di Mancuso.
Aberrante non solo perché esclude Dio dalla vita degli uomini, ma anche perché confonde il vivere “civile” con quello “cristiano” dimenticando che il primo si caratterizza dal rispetto della legge umana indipendentemente da quella divina, mentre il secondo, proprio in forza delle parole di Gesù < date a Cesare quel che è di Cesare>, impone il rispetto di ambedue le leggi.
Ma non basta, il solo vivere civile non postula affatto la conseguente salvezza.
Siamo alla problematica delle due “Etiche” che coincidono solo in alcuni punti ma divergono sostanzialmente nella Fede verso il Creatore che viene del tutto ignorata dall’etica “laica”.
Questa infatti si incentra esclusivamente sull’uomo il quale chiede allo Stato la possibilità di una vita serena  attraverso una specifica legislazione che tenga conto delle esigenze materiali, ed imponendone con sanzioni ovviamente materiali, il rispetto da parte dei cittadini.
La differenza anche sulla considerazione dell’uomo , che tuttavia per il cristiano viene dopo quella per il Signore, sta nell’assenza di Amore che  al contrario è il fondamento dei rapporti umani .<Amatevi come il Padre ha amato voi>.
L’etica laica ignora questo comandamento e quindi , a mio parere, il Giusto, sebbene tale, non potrà essere salvo, se non per un atto di misericordia dell’Amore Divino.”

“Ritorna a dormire tranquillo” mi rispose l’Angelo “perché la tua fede ti ha dato le giuste risposte. E prima o poi anche Mancuso le ritroverà nella sua.”


 

 

 

 

 

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giovedì 15 ottobre 2020

L'Amore Divino




Come tutte le notti alle quattro in punto mi ero svegliato per il solito bisogno idraulico quando vidi una insolita ma leggera luminosità in salotto, che ritenevo provenire dalla strada.
Entrato incuriosito nella sala mi sono trovato dinanzi una luminescente figura seduta in poltrona. Un indicibile senso di serenità mi avvolse impedendo il naturale timore che avrebbe dovuto assalirmi.
Compresi immediatamente di essere in presenza del mio Angelo Custode al quale come ogni sera prima di addormentarmi avevo chiesto di “Illuminarmi, custodirmi, reggermi e governarmi”.

“Sono qui per illuminarti, Gian Carlo, dimmi che cosa ti turba, ed io cercherò di risponderti con parole per te comprensibili”, disse l’Angelo.
Naturalmente aveva perfettamente ragione e probabilmente già conosceva la ragione del mio turbamento se, come aveva detto, avrebbe  dovuto usare un linguaggio per me comprensibile.
Era infatti da un po’ di tempo che mi domandavo come rispondere agli amici   increduli ed a me stesso che pur credente sono, in che cosa consistesse l’essenza dell’Amore del Signore verso tutte le sue creature , senza far ricorso alla Fede, fondamentale per me ma non per loro.

“ L’Amore di Dio. Come spiegarlo a chi non ha fede ?” dissi.
Sorridendo così mi rispose
“L’Amore di Dio, Gian Carlo , è:
TENEREZZA, ossia quel sentimento simile ma elevato ad ennesima potenza che prova un genitore per i suoi figli, o di questi per i genitori quando divenuti anziani devono sentire la presenza costante dell’affetto dei figli per poter continuare a vivere e non limitarsi ad attendere la morte.
SICUREZZA, ossia quel sentimento simile ma sempre elevato ad ennesima potenza che prova un bambino quando a passeggio cerca la mano del genitore o di chi lo sta accompagnando.
PACE, ossia quel sentimento ma sempre elevato ad ennesima potenza che prova un bambino quando la madre gli da il bacio della buona notte o che prova un adulto dinanzi ad uno spettacolo della natura, o che provi tu Gian Carlo alla fine di una giornata vissuta nella Grazia del Signore.
SERENITA’, ossia quel sentimento sempre ad ennesima potenza che si prova quando ci si sente in armonia con tutto il creato perché si è compreso di farne interamente parte e non  solamente di viverci.
APPRENSIONE, ossia quel sentimento, ad ennesima potenza, che si prova quando una persona amata si trova a dover superare una difficoltà.
GIUSTIZIA, ossia quel sentimento che tutti gli uomini, credenti e non, dovrebbero provare ogni sera quando ripensano alla giornata trascorsa.
PERDONO, non è un sentimento ma una naturale propensione, che tutti gli uomini dovrebbero avere e che nel Signore è elevata ad ennesima potenza, a ricercare in ogni azione umana condannabile, anche il più piccolo segno di ravvedimento, per poterla perdonare.

Questo e molto altro ancora costituisce l’essenza dell’Amore di Dio per tutte, ma tutte, le Sue creature.
Quell’altro ancora cui ho fatto cenno è incomprensibile per te che vivi nel Tempo e nello Spazio dai quali il Signore è oltre, e perciò stesso è inimmaginabile da te come da tutto il creato.
Ed ora ritorna dormire tranquillo Gian Carlo perché al tuo risveglio ricorderai questo nostro incontro come un sogno, ma intimamente saprai sempre che non è stato tale.”

E così feci e così successe.