mercoledì 30 dicembre 2020

Ancora sulla Sofferenza

 

Ripensando alla chiacchierata che avevo avuto con un amico che, nonostante una educazione religiosa nell’infanzia, dichiarava di aver perduto la fede, mi rendevo conto di non essere stato in grado di fornirgli argomenti validi per fargliela ritrovare.
Decisi quindi di chiedere aiuto al mio angelo.

“ Tu che già conosci la mia angoscia saprai benissimo che il problema che mi si è presentato è quello di un’apertura di dialogo con una persona che razionalmente ha già rifiutato, come non più credibile, l’esistenza di Dio.
Una persona cioè la cui fede, acquisita negli anni dell’infanzia ma non più coltivata durante la giovinezza, è stata annichilita se non addirittura spazzata via dalle quotidiane problematiche della vita.
Il momento che non ero riuscito a superare era stato quello iniziale: come rispondere a quell’affermazione di incredulità che, seppure non fondata su alcun ragionamento di carattere religioso e tanto meno scientifico, come peraltro avviene nella maggior parte dei casi, si limita a dichiarare un stato di fatto, ovverosia la mera impossibilità di credere?”

L’angelo mi rispose con una sua domanda, come avveniva quasi sempre.

“Io non credo che quel momento iniziale tu non sia riuscito a superarlo, ma credo che oggi tu pensi di non averlo superato perché ritieni che avresti dovuto trovare argomenti che dimostrassero l’erroneità della posizione assunta dal tuo amico.
Hai, infatti, creduto di dover convincere il tuo amico dell’erroneità della sua incredulità attraverso un ragionamento dimostrativo dell’esistenza di Dio, per il quale non eri preparato. E non lo eri perché la fede prescinde da qualsivoglia ragionamento.
Ed allora ti domando: qual era l’approccio dialogico che hai scartato ritenendolo insufficiente? Perché di certo proprio la tua fede istintivamente te ne aveva suggerito uno.”

Rimasi interdetto alla sua domanda che per la verità non mi aspettavo, tuttavia dopo aver richiamato alla memoria il colloquio che avevo avuto con il mio amico mi venne in mente che istintivamente avevo pensato  alla frase di Gesù riferita da Giovanni nel suo vangelo, e quindi così gli risposi.

“La testimonianza, questo era l’approccio che avevo scartato. Come ricorda Giovanni, Gesù prima di essere tratto in arresto disse ai discepoli “Quando verrà il Paraclito che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi darà testimonianza; ed anche voi mi renderete testimonianza, perché siete con me sin dall’inizio”. Dunque avrei dovuto semplicemente dare testimonianza della mia fede, ma con quali parole?”

L’angelo sorridendo mi rispose.

“Ma con quelle che hai pronunciato. Tu, infatti, gli hai parlato della tua fede, e non della necessarietà della fede per ottenere la salvezza, che avrebbe trovato l’insormontabile obiezione della sua incredulità quantunque immotivata.
Se ben ti ricordi il tuo amico ti ha detto di aver perso quella “certezza” che ti invidiava, e tu gli rispondesti che non era la fede ad aver perso perché la fede non si può perdere ed è da questa che deriva la certezza, ma se non la si può perdere si può affievolire tanto da dubitare di poterla ritrovare.
Ed allora facesti ricorso alla frase di Gesù riferita da Luca: “Cercate il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”
Si trattava quindi di chiarire a se stessi che cosa si intendesse ritrovare o meglio, precisasti, cercare.
E fu a quel punto che menzionasti la frase di Gesù riferita da Giovanni: “Dio nessuno l’ha visto mai, l’Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, Egli lo ha rivelato” per escludere così che all’uomo possa essere possibile avere la conoscenza di Dio se non  attraverso il Figlio, attesi i limiti di spazio e tempo entro i quali è costretta la mente umana.
A quel punto la risposta all’incredulità, dolorosa bada, del tuo amico poteva trovare soluzione solo nell’integrazione delle frasi di Gesù riportate dai due evangelisti: “Egli lo ha rivelato” e “Cercate il regno di Dio”.
Luca invita alla ricerca, non già direttamente di Dio, ma del Suo regno e Giovanni ne indica la strada: “Egli lo ha rivelato”.
Dunque, affermasti, è proprio quel “Cercate” di Luca che ci dice che la certezza della quale il tuo amico lamentava la mancanza poteva essergli data dalla Ricerca del regno di Dio perché “tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”.
E quella “Cerca” poteva avvenire solo attraverso la Rivelazione fattane da Gesù.
 Concludesti quindi il discorso dichiarando che tu quella ricerca la ricominciavi ogni giorno da capo perché ogni giorno Satana ti riproponeva con successo, dato il suo immenso potere sull’umanità, il deserto spirituale conseguente alla lontananza da Dio in cui lui ti poneva continuamente.
E quale testimonianza migliore avresti potuto fornire al tuo amico?”

 
 
   
 
 


mercoledì 2 dicembre 2020

La sofferenza

 


Stavo sognando qualche cosa di verde, forse un prato o forse un bosco, quando una punta di dolore si fece più viva svegliandomi. Mi  ricordai  allora di aver subito un’operazione e di essere solo nella  camera da letto di casa mia.
Per nulla impressionato da quella solitudine che sapevo momentanea né dal dolore che attribuii ai punti di sutura, decisi di non chiamare nessuno ed attendere l’evoluzione di quello che al momento era poco più di un fastidio ancora tollerabile.
Quando però l’aumentare dello stesso incominciò ad impensierirmi e fui tentato di chiamare chi si trovasse in quel momento in casa, ma una forma di orgoglio mi fece desistere.
Non che fossi un coraggioso, ché  al contrario ritenevo  minima la mia  tolleranza al dolore, ma più forte era il pudore di mostrare la mia sofferenza.
O forse più che il pudore era la consapevolezza della scarsa sopportazione che, facendomi sentire totalmente indifeso, ritenevo mi esponesse alla pietà altrui.
E questo era per me inaccettabile.
Decisi quindi di attendere che la forza del dolore avesse vinto il mio orgoglio e quindi la mia stessa umana dignità.
Ecco, mi dissi, la dignità e non l’orgoglio  mi stava spingendo a resistere al dolore : non volevo  mostrare di me un corpo ormai privo di quella umana dignità che tutti gli  esseri dovrebbero sempre avere, ma che la sofferenza  cancellava.
Mentre cercavo di mantenere la mente concentrata su  queste considerazioni,  così da non sentire o quanto meno attutire la lama del dolore involontariamente formulai  a bassissima voce  la domanda che mi opprimeva.

“ Perché Signore permetti che tutto ciò mi accada ?”
“ Dovresti saperlo Gian Carlo, solo che tu ripensassi alle parole di Gesù” rispose sommessamente una voce .
Al  momento so solamente che sei il mio Angelo Custode e che la mia Fede mi consente di sentire la tua voce. Anche se mi hai sempre parlato”
“E’ vero che  ti ho sempre parlato  , così come continuo a rivolgermi anche a chi non crede, ed è vero che la tua fede ti consente di udire la mia voce, ma anche coloro che non credono la sentono nella  loro  mente, ma pensano che siano loro stessi a rispondere  ai propri  interrogativi.
Ma non è così perché il Signore si rivolge sempre a tutti, credenti e non, come ci conferma   Giovanni  che ci riporta la frase di Gesù:  “Io sono il Buon  Pastore e do la mia vita per le pecore. Ed ho altre pecore che non sono di quest’ovile. Anch’esse  devo guidare, ascolteranno la mia voce e saranno un solo gregge, un solo pastore.”
“ Ma allora ,ti domando nuovamente Angelo, come mai,  se tutte le pecore sono del Signore,  il dolore colpisce indistintamente  dentro e fuori dall’ovile?”
“ Dimentichi il Libero Arbitrio Gian Carlo. La libertà è il dono che il Creatore ha dato a tutte le sue creature, Angeli compresi. Ma Lucifero con   alcuni angeli  credette di potere, proprio in forza di quella libertà, essere  simile a Lui, e fu il Male. E sempre Giovanni ci riporta le parole con cui Gesù, preparando gli apostoli  al suo sacrificio , si riferisce alla potenza del demonio: ”Io non mi intratterrò più a lungo con voi, perché viene il Principe del mondo; egli non ha alcuna presa si di me.” Dunque il Male è il principe del mondo, ma l’uomo resta libero nella sua scelta.”
“ Ma come può essere libera la scelta dell’uomo dinanzi  le tentazioni se solo Gesù è stato in grado di opporsi, e lo ha potuto fare solo in quanto Dio? Come scrive Luca riferendo la risposta di Gesù all’ultima tentazione : “Non metterai alla prova  il Signore , tuo Dio”.
Dunque al Male non vi è scampo per l’uomo?”
“La risposta alla tua domanda l’ha  data Gesù stesso quando ha detto : Finora non avete chiesto nulla nel mio nome .Chiedete e riceverete.  La libertà dell’uomo  dunque   si manifesta  nella libera facoltà di chiedere  aiuto a Dio nel nome di Cristo.” rispose  l’Angelo.
 
Quindi proseguì.
Mi rendo conto di non aver ancora risposto alla tua domanda iniziale sul perché Dio consenta la sofferenza   ma questa premessa era necessaria.
 Va detto che la sofferenza era ignota nel Paradiso terrestre; le creature erano libere con l’unica limitazione relativa all albero i cui frutti erano vietati. Questa limitazione stava a significare la necessaria obbedienza a Dio dovuta dalle creature, quale riconoscimento non solo della superiorità ma ancor più dell’imprescindibilità del Creatore per le creature stesse.
  Nel momento in cui l’uomo ha voluto avere coscienza di se, violando il divieto divino, si è posto in una posizione autonoma rispetto al suo Creatore, implicitamente  reclamando una autonomia gestionale della propria vita e così esponendosi  definitivamente al potere del Principe del mondo e quindi al male che da esso discende.”
“Mi è chiaro quanto mi dici, pur tuttavia la domanda resta: perché il Signore consente che il demonio continui a spargere la sofferenza nel mondo?” risposi .
Il motivo è uno solo e riguarda il dono della libertà che Dio ha dato a tutte le creature nel momento della creazione con quell’unico divieto per Adamo.
 Come  Lucifero anche l’uomo ha effettuato la sua scelta che prescindeva da Dio, ed allora come può il Signore  che, ricordati,  è Dio di Giustizia, cancellare  dal creato solo il primo, ossia Lucifero e con lui la sofferenza, quando ambedue hanno commesso il medesimo peccato che , lo ribadisco, è consistito nell’allontanamento di Dio nelle proprie scelte?
“Ma così  facendo  ha condannato solo l’uomo al dolore.” Obiettai.

"No, perché con la sua scelta di prescindere dal volere divino l’uomo si è liberamente allontanato da Dio, la sua quindi  è stata un’autocondanna.
Ma non basta, con tale sciagurata scelta Adamo ha condannato anche la sua discendenza alla quale ha trasmesso quella autocoscienza che aveva reclamato per se.
Il Creatore infatti, proprio a motivo della Sua giustizia, che impediva la cancellazione dal creato del solo Lucifero, avrebbe dovuto cancellare anche Adamo e con tale atto rinunciare al proprio disegno creativo; perché è di tutta evidenza che solo l’uomo ne era il centro.
Ma tale atto avrebbe contraddetto quella libertà che al contrario caratterizzava la tutta la creazione e che era stata concessa ad Adamo, e ciò era evidentemente impossibile atteso che in ultima analisi tale cancellazione si sarebbe risolta in una revoca del dono di libertà che il Signore aveva concesso.
Libertà dunque che il primo uomo ha rivendicato a se stesso incurante delle conseguenze che avrebbe avuto sulle generazioni a venire che avrebbero subito la sua stessa condanna.
 Alla quale però Gesù, con il sacrificio sulla croce, ha dato a tutta l’umanità  il potere di  redenzione.
 La sofferenza esiste perché esiste il demonio, che ne è il portatore, e la sparge nel mondo  proprio per indurre l’uomo ad accusare Dio di ingiustizia, e condurlo così fuori  dall’ovile.
Anche Giobbe, che pure era un uomo timorato di Dio, non resistette al dolore ed alle sofferenze, ed allora non potendosene dare una spiegazione accusò il Creatore di ingiustizia rivendicando per se stesso proprio lesemplarità della sua vita quale metro di giustizia, in tal modo ergendosi a giudice di se stesso e così allontanando da se il Creatore stesso e compiendo quello stesso peccato del suo progenitore Adamo.
 Ed  allora Gian Carlo non domandarti mai  perché il Signore permetta che tu soffra, ma ricorda a  te stesso che il Signore è pronto ad accogliere la tua richiesta di aiuto nel nome di Gesù.
 E pensa inoltre che in certi momenti , come quello in cui ti trovi, anche la  Dignità alla quale ti sei attaccato può trasformarsi in una sorta di orgoglioso rifiuto dell’amore  altrui e quindi del precetto divino che impone  l’umiltà di chiedere non solo aiuto a Dio ma anche  amore ai fratelli, ai quali la vista della sofferenza non deve indurre  pietà ma amore”