mercoledì 24 febbraio 2021

Gramsci

 


Quella notte non riuscivo a prendere sonno perché mi domandavo come fosse stato possibile  che certe persone potessero subire prigionie, sofferenze e perfino la morte in nome di un ideale, quando questo non coincidesse con una propria fede che non prevedesse un riconoscimento in una vita oltre la morte. In una parola quelli che vengono definiti “patrioti”.
Qualche giorno innanzi un mio amico mi aveva inviato un pensiero di Gramsci che mi aveva turbato ponendomi questo interrogativo, al quale peraltro ne seguiva un altro concernente il perdono di Dio.
Affermava Gramsci: “ Il mio stato d’animo è tale che se anche fossi condannato a morte , continuerei ad essere tranquillo  e anche la sera prima dell’esecuzione magari studierei una lezione di lingua cinese per non cadere più in quegli stati d’animo volgari e banali che si chiamano pessimismo e ottimismo. Il mio stato d’animo sintetizza questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con l’intelligenza ma ottimista con la volontà”.

Capisco i problemi che ti assillano” mi disse l’Angelo non appena entrai in salotto ed ancor prima che gli e li esponessi, come sempre più spesso avveniva “ e sono qui per aiutarti, ma come ormai avrai capito le risposte dovrai trovarle da solo nella tua fede, io potrò eventualmente solo fare sì che il tuo ragionamento sia sempre guidato da questa e la tua mente rimanga lucida quando dovrai affrontare teorie estranee che vengono necessariamente coinvolte dalle problematiche che ti sei posto.
Da dove vuoi cominciare?”
“E’ difficile individuare il punto di inizio in quanto il pensiero di Gramsci contiene varie affermazioni che mi turbano.
La prima riguarda la lezione di lingua cinese. Mi domando perché il cinese e non Marx, ad esempio ?”
“E che cosa ti rispondi?” mi domandò l’Angelo.
“ Non credo che intendesse riferirsi alla lingua, bensì ad una  filosofia cinese, forse allo Zen, quale derivazione del Buddismo e che contiene un insieme di principi che consentono all’anima di crescere dedicandosi a vivere la vita così com’è. Ma se questa è la filosofia cui Gramsci si riferiva la stessa appare in contrasto con la sua vita interamente dedicata al popolo inteso come oppresso dal potere economico detenuto da pochi e non dal popolo stesso..
 Lao Tzu però afferma: “Non uscendo dalla porta si conosce il mondo, non guardando dalla finestra si scorge la via del cielo” così come la massima più seguita dai monaci Zen è: “Dovete arrivare a comprendere e rendere reale che il centro dell’universo è il vostro ombelico”.
Dunque una filosofia che indirizza l’agire dell’uomo solo all’interno di se stesso escludendo l’umanità che circonda, ovverosia tutto il contrario della vita fino a quel giorno vissuta da Gramsci.
Ma forse durante la prigionia il suo problema era mutato ed era divenuto quello di essere in grado di accettare questa nuova situazione, ossia la propria esecuzione del giorno dopo.
Afferma un’altra massima Zen, che potrebbe giustificare la ricerca del superamento di quei sentimenti, che Gramsci definisce banali e volgari, quali l’ottimismo ed il pessimismo: “Essere consapevoli, svegli, ricordarsi di Se, ovverosia non farsi travolgere dal chiacchiericcio della mente, questo è il potere della consapevolezza, essere attenti e presenti con equilibrio, serenità e comprensione, sia che l’esperienza sia piacevole, spiacevole o neutra. Restare semplicemente testimoni indifferenti”
Ma anche questa interpretazione dell’affermazione di Gramsci contraddice la successiva, con la quale lui si dichiara pessimista con l’intelligenza e ottimista con la volontà, e quindi nega di poter essere semplicemente un testimone indifferente di fronte alla propria esecuzione del giorno dopo.
Forse invece intendeva riferirsi al Confucianesimo, che non è una Fede ma una filosofia esistenziale che postula una vita all’insegna di autocontrollo, moderazione e giustizia e che considerava l’amore per il prossimo non un semplice dovere ma un’esigenza vitale, ma che escludeva ogni possibile ricerca di Dio con questa frase : “Non abbiamo ancora imparato a conoscere la vita, come possiamo conoscere la morte?”
Ma allora mi domando, se non possiamo conoscere la morte che senso avrebbe il pessimismo intellettuale e l’ottimismo della volontà la sera precedente la propria esecuzione ?
Ed ancora che senso aveva definire quei sentimenti, comuni pressoché a tutti gli uomini, volgari e banali per una persona che proprio a quegli uomini aveva dedicato la propria vita.
E’ vero che l’attività di Gramsci era stata tesa all’emancipazione del popolo sia sotto l’aspetto economico che sotto quello intellettivo, ma la volgarità e la banalità sono caratteristiche per la cui estirpazione lui stesso era conscio che, non solo non sarebbe stato facile, ma che avrebbe richiesto decenni se non secoli.
E’ vero che l’ideale è insensibile al tempo, ma allora che senso aveva dichiarare di essere pessimista con l’intelligenza? Forse che era giunto a ritenere quell’ideale irraggiungibile?
E se tale era il suo convincimento come poteva affermare un ottimismo della volontà se questa era destinata a dissolversi la mattina successiva con la sua esecuzione?
Il suo riferimento quindi mi appare come una dichiarazione di elitarietà, o meglio di superiorità rispetto a quello stesso popolo a cui aveva dedicato la sua vita, il che mi sembra contrastare quel principio di eguaglianza cui si era dedicato.”
“ E allora che cosa concludi ?” mi disse l’Angelo.

Non sono sicuro.
In primo luogo non sono sicuro che quella frase fosse dettata da spirito elitario, anche se sembra logicamente possibile sia per quanto osservato in ordine ai termini di volgarità e banalità adoperati, che non possono essere intesi se non in senso dispregiativo che si riverbera sui soggetti definibili in tal modo, sia perché Gramsci era obiettivamente un intellettuale ovverosia una persona non banale né volgare.
In secondo luogo non sono sicuro che quell’affermazione di tranquillità con cui apre il suo pensiero fosse effettivamente reale. Mi domando infatti come si possa essere tranquilli la sera prima della propria esecuzione quando si sia convinti che con essa venga a cessare tutta la tua essenza sia fisica che spirituale, ovverosia che il tuo ciclo, come quello di qualunque altro animale che popola la terra, sia definitivamente esaurito.
E d’altronde a quale scopo una lezione di lingua cinese se non per trovare o ritrovare una tranquillità che l’imminenza della fine, con la sua obbiettiva realtà, gli aveva fatto perdere, o meglio aveva dimostrato l’irrealtà di quella che la sua mente in precedenza aveva ritenuto  essere stata raggiunta.
In terzo luogo ho la strana sensazione che con l’affermazione conclusiva: sono pessimista con l’intelligenza ma ottimista con la volontà, intendesse dire qualche cosa di diverso dal semplice senso delle parole.”
“ Che cosa?” mi incalzò l’Angelo.
“ Ho la sensazione che con quelle parole intendesse esorcizzare la paura e non già dichiarare il proprio stato psichico.”
“ Paura di che? Della morte?” mi domandò l’Angelo.
“ Si, certo, della morte. Ma forse anche di qual’cosa d’altro. Di qualche cosa che evidentemente lo terrorizzava di più.”
“ Cioè?” fece l’Angelo.
“ L’errore.
 Per un uomo infatti che ha dedicato tutta la sua vita all’attuazione di un ideale, rifiutando quindi la materialità della vita stessa, ovverosia non vivendola secondo i canoni della propria fisicità, comuni a tutti gli esseri viventi, cosa vi è di più terrorizzante se non l’idea di avere sbagliato tutto. Ossia l’errore?
Ed è sotto questa luce che quella conclusione potrebbe trovare un senso.
Si deve invertire l’ordine delle due affermazioni perché, secondo me, hanno due diversi riferimenti.
L’ottimismo della volontà si riferisce all’attuazione finale dell’ideale che sarà il popolo a realizzare, mentre il pessimismo dell’intelligenza si riferisce solo a se stesso, e alla scadenza del tempo concessogli.”
“ Per vivere, dunque, una vita diversa da quella sino allora vissuta?” mi domandò l’Angelo.
“No, non per quello, come si desume dal termine intelligenza usato, che esclude ogni riferimento alla fisicità, ma per rivedere alcuni dei propri convincimenti. E fra questi il più importante, quello che, ove errato, comporta quel pessimismo che, non dimentichiamo, Gramsci riteneva irreversibile proprio per la scadenza del tempo a disposizione, non può che riguardare l’esistenza oltre la morte.”
“Sei giunto al termine, Gian Carlo, ora devi concludere allontanando da te il timore reverenziale che la fama di Gramsci ti incute, ed il pudore intellettuale ti trattiene.” Mi sussurrò l’Angelo.
“Sono veri quel timore e quel pudore, perché la mia sensazione finale è che quel pensiero di Gramsci altro non sia che un grido di aiuto, per di più disperato.
 Disperato, perché rivolto a colui del quale ha sempre negato l’esistenza, e  disperato per la convinzione  di non aver più il tempo per modificare ciò che la sua intelligenza aveva erroneamente elaborato.
Ma se la mia sensazione è giusta e se il Signore ha incatenato Lucifero per mille anni, come si legge nell’Apocalisse, perché si penta, come io credo, quel grido di aiuto non può non essere stato accolto.”
“Adesso ritorna nel tuo letto” mi disse l’Angelo sorridendo.