lunedì 13 dicembre 2021

Per chi suona la campana

 



Era un po’ di tempo che avevo in mente quel versetto di John Donne, ripreso da Hemingway in “Per chi suona la campana”, che recita. 

Nessun uomo è un’isola.. Io sono partecipe dell’umanità ed ogni morte di uomo mi diminuisce, perciò non mandare mai a chieder per chi suona la campana, essa suona per te”, e, seppure ne condividessi totalmente lo spirito, mi sembrava che in qualche modo fosse in contrasto con la parola di Gesù.
E questa sensazione mi turbava.
Eppure John Donne, poeta a cavallo tra il 5/600, era stato il decano della cattedrale di S. Paul ed aveva scritto poesie e sermoni che certo non erano in contrasto con il Vangelo.
Incuriosito da quella strana sensazione mi venne voglia di leggere per intero quei versi da cui Hemingway aveva tratto quel versetto. Essi così recitano.

“Nessun uomo è un’isola intero in se stesso,  ogni uomo è un pezzo del continente, una parte della terra. Se una zolla viene portata dall’onda nel mare, l’Europa ne è diminuita, come se un promontorio fosse stato al suo posto, o una magione amica o la tua stessa casa. Io sono partecipe dell’umanità, ed ogni morte di uomo mi diminuisce, perciò non mandate mai a chiedere per chi suona la campana, essa suona per te”

Mi ricordai allora di aver letto un libro di Thomas Merton,  il cui titolo era appunto “Nessun uomo è un’isola” del quale in internet trovai questa frase che ne spiegava il titolo.
“Quello che faccio viene dunque fatto per gli altri, con loro e per loro: quello che essi fanno viene fatto in me, da me e per me. Ma ad ognuno resta la responsabilità della parte che egli ha nella vita dell’intero corpo”
Seppure anche Merton, morto nel 1968, fosse stato in vita un religioso, era un frate trappista, il ché mi avrebbe dovuto assicurare circa la ortodossia del suo pensiero religioso, quella sensazione di incertezza si focalizzò sul significato profondo che sentivo che si celava tanto in Donne che in Merton; senza però riuscire a chiarirla a me stesso
Così decisi di parlarne con il mio Angelo.

La serietà con cui ascoltò le mie parole e la pausa che ne seguì prima che incominciasse a parlare, mi diedero subito la misura dell’importanza del mio dubbio.
Poi, senza neppure l’ombra del sorriso con cui accompagnava sempre le sue risposte, prese a dirmi.

Il tuo dubbio è fondato, ma non riguarda lo spirito che guidò quei due religiosi quando scrissero quelle parole, perché tutta la loro vita, come tu stesso hai rilevato, fu vissuta nello spirito del Vangelo.
E neppure il senso profondo di quelle parole, che tanto ti turbano, legittima quel turbamento.
Quello che ti turba è come l’assenza di Dio che sembra trasparirne, non ti impedisca di condividerle.
Questa condivisione ti crea quel turbamento che mi hai rappresentato.”
Seguì un silenzio pensieroso, quindi proseguì.

“Ma quel turbamento è legittimo perché effettivamente in quelle parole, seppure bellissime e condivisibili da ogni buon cristiano, manca la luce della salvezza che Gesù ha predicato.
Ci invitano infatti a sentirci un tutt’uno con il resto dell’umanità, e questo sentimento è possibile solo se supportato da un grande amore per il prossimo, che altro non è che il comandamento primo dettato da Gesù.
E questo spiega la condivisibilità immediata che se ne ha.
Ma poi subentra, inconsciamente nel tuo caso, quel turbamento che non sei riuscito a spiegarti, dovuto, come ti ho detto, all’assenza di Dio nel mondo che quelle parole descrivono.
Un mondo d’amore, certo, ma limitato alla sola umanità, senza alcuna uscita al di fuori di questa.
Un amore, in definitiva, dell’uomo e per l’uomo e quindi destinato a morire con l’uomo stesso.
Nessuna salvezza quindi per quell’amore oltre la morte.
Gesù sembra non essere mai esistito.
Ma non è tanto questa considerazione che ti ha turbato, perché la tua fede l’ha istantaneamente rifiutata, quanto quella che altrettanto istintivamente hai intuito essere la costante di quelle persone che pur con dispiacere, dichiarato o comunque sentito, affermano di non riuscire a credere in Cristo.
Persone la cui vita in ultima analisi è simile alla tua, che cerchi di seguire la parola del Signore.
Ed allora ti domandi come possa essere condannabile tale vita, se è stata pervasa da quell’amore che le parole di Donne e Merton hanno descritto?
E’ una domanda terribile alla quale solo la giustizia del Signore darà risposta.
E tu questo lo sai perfettamente, ma ciò non ostante il turbamento permane.
Io credo che ciò avvenga, ed è giusto che sia così, non solo e non tanto per l’amore che ti lega a quelle persone, quanto, e ciò non è giusto, per il dubbio che Satana ha insinuato in te, proprio attraverso quell’amore, circa la giustizia del Signore.
Solo la piena consapevolezza dell’assoluta perfezione di quella giustizia potrà restituirti quella serenità che ti sembra di aver perduto.
Hai subito una delle tante tentazioni del maligno, la cui potenza è superiore alle tue possibilità di resistenza senza l’aiuto del Signore.
Quindi, parafrasando proprio il versetto di Donne, non domandarti per chi suona la campana, perché se da una lato è vero che suona per te in quanto partecipe dell’umanità, ciò avviene non solo perché tu non sei un’isola, ma perché la giustizia del Signore ha stabilito che suonasse.
Il perché neanche Donne lo ha affrontato, consapevole che la risposta è insita in un atto di fede che il Signore ha chiesto a ciascuno di noi.
Quei versi infatti si rivolgono a coloro che, non credendo, mandano a chiedere per chi suona la campana, e costituiscono meravigliosamente il primo passo che quelli devono fare per giungere a quel Gesù cui non credono.
Donne infatti dichiarando che la campana suona per te in quanto partecipe dell’umanità, ti carica anche del conseguente dolore, ma poiché questo trova unica ragione nell’esistenza un precedente amore, e poiché colui che manda a chiedere per chi suona la campana dimostra inequivocabilmente un interesse per quella morte, questo interesse, ove non sia frutto di mera curiosità, non potrà che avere natura sentimentale ,ovverosia d’amore.
Ed è proprio a questa persona che si rivolge Donne, non ad un credente dunque la cui fede non necessita di tale domanda, per spiegargli come quell’amore, che lo ha spinto a formulare quella domanda, debba estendersi a tutta l’umanità proprio perché lui ne è partecipe.
E che ne sia partecipe lo dimostra proprio quell’interesse a conoscere per chi suona la campana.
Amore quindi che deve poter esistere anche oltre la morte del singolo, perché diversamente il dolore che dal suono di quella campane ne è derivato, sarebbe  unicamente un fatto personale senza possibilità di superamento e  quindi, quel che è più grave, senza un valida ragione per accettarlo, perciò inutile e come tale da evitare.
Ma è proprio questa decisione, non amare per non soffrire, che Donne contesta ricordando, appunto, che nessun uomo è un’isola.
Non potendo ovviamente ricordare l’amore di Cristo in cui il suo interlocutore non riesce a credere.
Ed allora tu, che al contrario di quello, sai perfettamente che la campana suona per un tuo fratello e quindi per te, non ti turbare se in quei versi Cristo pare assente, ma anzi apprezzane lo spirito di evangelizzazione.
E proprio quei versi siano la risposta da dare a coloro che dichiarano di non riuscire a credere nella parola di Gesù.”

Quella notte mi addormentai sereno.