giovedì 29 agosto 2024

Cercate il Regno di Dio

 



Questa notte ho sentito la necessità di cercare una risposta all’affermazione ricorrente di amici che, a fronte della mia fede, mi rispondevano che essendo questa “un dono di Dio” evidentemente loro non erano responsabili della infruttuosità della loro ricerca.

E mentre rimuginavo sulle possibili risposte nella mia mente mi parve di udire la voce del mio Angelo Custode che mi invitava a chiarire le ragioni del mio dissenso a tale affermazione fondandomi sulle parole di Gesù.

Perché” mi diceva “il tuo imbarazzo nel trovare le parole adatte a confutare tale affermazione era dettato dalla errata convinzione che solo una logica argomentazione avrebbe potuto trovare ingresso nelle loro menti,

Ma qui sta l’errore. La fede è sì un dono di Dio e proprio per tale provenienza non può essere spiegata con la ragione ma solo attraverso le parole stesse di colui che quelle parole ha pronunciato. Gesù dunque.

Ed allora Gian Carlo ritorna alla tua Fede e trova le parole adatte a spiegarne il profondo significato, ignorando quella specie di pudore che ti aveva bloccato, quasi che tale ritorno fosse un minus intellettuale.”

A questo punto iniziò il mio silenzioso dialogo con l’Angelo.

Vedi caro Angelo il primo pensiero che si è manifestato in me sono state le parole di Pascal :<Non mi ricercheresti se non mi avessi trovato>, ma i miei amici sostenevano che il loro agnosticismo era la conseguenza proprio della mancanza di quel Dono divino, quasi che il Signore li avesse esclusi dal Suo progetto.

Ma alla mia fede ripugnava pensare che Dio avesse operato una simile scelta in aperto contrasto con il Libero Arbitrio concesso all’umanità tutta, scelta che tra l’altro si appalesava con una inesplicabile immotivata condanna.

Il punto era dunque l’effettività o meno di quel Dono a tutta l’umanità attraverso le parole di Gesù stesso.

La risposta l’ho trovata in quel passo del Vangelo di Giovanni (12,21) in cui Gesù ancor prima dell’arrivo dei Greci venuti ad ascoltarlo, rivolgendosi agli Apostoli fa questa fondamentale affermazione ;<ora c’è il giudizio di questo mondo, ora il Principe di questo mondo sarà cacciato fuori. E QUANDO IO SARO’ INNALZATO DA TERRA ATTRARRO’ TUTTI A ME>.

Ma chi sono quei <tutti>?

La risposta si trova già nelle sue parole solo che si tenga conto che Gesù  usa il termine ora che in quel momento è  fuori dal <tempo e spazio> in cui si trovava, ed  in cui l’umanità si trova.

ORA C’E’IL GIUDIZIO DI QUESTO MONDO.

ORA IL PRINCIPE DI QUESTO MONDO (ossia il maligno) SARA’ CACCIATO FUORI.

Il Giudizio Universale dunque è già in corso ed il maligno è stato già cacciato fuori nel momento in cui Gesù pronuncia quelle parole e dunque in quel momento Gesù ha già attratto tutta l’umanità presente e futura a se. Queste osservazioni, che si riferiscono implicitamente al dono della fede che evidentemente costituisce la premessa di quella attrazione, trovano esplicita conferma nella Parabole del Buon Pastore.

Ci riferisce sempre Giovanni (10,1) <In verità, in verità vi dico : chi non entra nell’ovile per la porta ma vi sale da altra parte, è ladro e assassino. Chi invece entra per la porta è pastore delle pecore. A lui apre il portinaio. E le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama per nome le sue pecore e le conduce fuori. E quando ha fatto uscire tutte le pecore sue, cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce…..

Io sono il Buon Pastore e conosco le mie e le mie conoscono me.

 Come il Padre conosce me ed io conosco il Padre, e per le mie pecore io do la mia vita.

 Ed ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche quelle bisogna che io guidi, e daranno ascolto alla mia voce sicchè si avrà un solo gregge ed un solo pastore>

Gesù dunque dichiara espressamente che il Buon Pastore:<chiama per nome le sue pecore> e, quel che più conta, che LUI è il buon pastore.

Ne consegue che nel momento in cui fu innalzato da terra Gesù ha attratto a se tutta l’umanità PRESENTE E FUTURA proprio perché pronunciava quelle frasi al di fuori dello Spazio e del Tempo.

E, quel che più conta, ciascun membro dell’umanità è stato chiamato per NOME.

Per quanto possa sembrare assurdo, caro Angelo, io credo che il dramma della croce continui a ripetersi nel tempo per ogni singola persona.

GESU’ DUNQUE NON E’ MAI SCESO DALLA CROCE E NON SCENDERA’ SINO A CHE TUTTE LE PECORE ABBIANO FORMATO UN SOLO GREGGE.

Dunque ritornando all’affermazione di Pascal, che prima mi è venuta alla mente, quell’agnosticismo dichiarato dai miei amici era un giudizio assolutamente superficiale.

Infatti non avrebbero potuto dichiararlo se non dopo aver ricercato loro stessi la Fede , ovverosia Dio, ritenendo di non averlo trovato.

Ma Pascal, questa volta secondo logica non fideistica, dimostra che non si può cercare nulla se non se ne conosce l’esistenza, ovverosia se non si è già trovata.

Ne consegue che quel Dio che i miei amici affermano non aver trovato era già in loro, e lo avrebbero riconosciuto proprio da quel sentimento di delusione che caratterizza la scoperta di essere stati esclusi, secondo loro, dal Dono della Fede.”

“Ma allora Gian Carlo pensi proprio che tale errore li condanni irrimediabilmente agli occhi del Signore?” mi disse l’Angelo “Oppure una simile conclusione ritieni possa essere smentita dalle stesse parole di Gesù?”

“Sono certo, proprio in forza della mia Fede nella misericordia del Signore, che Gesù ha profuso nelle sue parole, che tale decisione, ove si verificasse non sarebbe attribuibile a quel dichiarato agnosticismo ma al successivo comportamento che ne fosse derivato.

Perché proprio quel dichiarato agnosticismo costituisce la prova di una, seppure infruttuosa, ricerca di Dio che Gesù stesso ha espressamente dichiarato meritevole di tutti i bisogni materiali degli uomini che facciano tale ricerca.

Mi riferisco al discorso che Gesù fa sul Regno di Dio, secondo Matteo 6/24.

<Non siate troppo solleciti per la vita vostra, di quel che mangerete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo, e il corpo più del vestito?

 Guardate gli uccelli del cielo, non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro padre celeste li nutre. Or non valete voi più di loro?

 E chi di voi per quanto pensi e ripensi può aggiungere alla sua vita un solo cubito? E perché darsi tanta pena per il vestito?

 Guardate come crescono i gigli di campo, non lavorano e non filano, eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, non fu mai vestito come uno di loro. Or se Dio riveste in questa maniera l’erba del campo che oggi è domani viene gettata nel forno, quanto più vestirà voi gente di poca fede?

 Non vogliate dunque angustiarvi dicendo: che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Di che cosa ci vestiremo?

Di tutte queste cose, infatti si danno premura i pagani, or il Padre vostro sa che avete bisogno di tutto questo.

CERCATE PRIMA DI TUTTO IL REGNO DI DIO E LA SUA GIUSTIZIA, E TUTTE QUESTE COSE VI SARANNO DATE PER GIUNTA>.

Se dunque Gesù ci dice che il Padre proteggerà in vita coloro che lo ricercano, come potrà mai non essere MISERICORDIOSO con quelli che non siano, o almeno, credano di non esservi riusciti?”

“Anche io lo credo” mi rispose l’Angelo.


Ancora riflessioni sull'Apocalisse

 


Giovanni in chiusura de “L’Apocalisse” pronuncia l’ultima visione:

Allora vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da presso Dio, pronta come una sposa, abbigliata per il suo sposo.

Ed udii venire dal trono una gran voce che diceva.

< ecco il Tabernacolo di Dio tra gli uomini! Egli abiterà presso di loro; essi saranno il suo popolo e Dio stesso dimorerà con gli uomini. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non vi sarà più morte, né lutto, né grido, né pena esisterà più, perché il primo mondo è sparito.>”

Ma ora, caro Angelo, mi e ti domando, con la frase “ perché il primo mondo è sparito”  che cosa intendesse dire il Signore:

Che Dio in  quel preciso momento aveva creato il secondo mondo ?

Ma questa ipotesi contrasta , sia con la precisazione di Giovanni che la Nuova Gerusalemme era da presso Dio e quindi già esistente , sia con la totale assenza di limiti di spazio/tempo in Dio e perciò già presente all’atto della Creazione.

Che  la creazione del primo mondo era stata imperfetta ? Tanto da renderne necessaria una seconda ?

Ma questa ipotesi contrasta con quanto sopra osservato circa la presenza presso Dio della Nuova Gerusalemme che dovrebbe costituire il secondo mondo.

Che con la scomparsa del primo mondo sarebbe scomparso anche l’inferno, in quanto pena caratteristica del primo, ma con esso non scomparirebbero pure i peccatori?

Ed ancora, poiché con la morte l’uomo esce dai limiti spazio/temporali,  ed entra nell’eternità, la stessa pena viene ad essere immediatamente annullata con la contestuale sparizione del primo mondo ?

 Ma se ciò fosse non avrebbero ragione coloro che ritengono che con la morte tutto sparisca e quindi che l’unica legge cui conviene obbedire sia quella degli uomini e non quella di Dio?

“ I tuoi dubbi “ mi rispose l’Angelo “ Sono gravi ma non mi preoccupano più di tanto perché il dono della Fede che Dio ti ha dato te li ha già fatti superare. Tuttavia le domande che ti sei posto meritano egualmente risposte .

Ti chiedi se Dio con la discesa della Santa Gerusalemme abbia creato un secondo mondo, ma tu stesso ti rispondi che questa, già esistendo presso Dio, non può configurarsi come una seconda Creazione. Ed hai ragione.

 Giovanni infatti, forse non rendendosene conto, ci dice, in ultima analisi, che Dio ci ha riammessi nel Giardino Terrestre dal quale eravamo stati esclusi per via del peccato di Adamo. Infatti , come era all’inizio, Dio abiterà con gli uomini, come aveva abitato con Adamo, e come Adamo prima del peccato non era soggetto alla morte ne ad alcuna pena, altrettanto avviene nella Santa Gerusalemme.

Ti chiedi con la seconda domanda se l’imperfezione del primo mondo avesse reso necessaria la creazione del secondo. Ma la stringatezza della risposta che te ne dai mi rivela che il tuo dubbio non riguardava la creazione  del secondo mondo ma l’imperfezione del primo, o meglio se effettivamente fosse tale il primo, in cui peraltro stai vivendo.

 No, Gian Carlo, la Creazione fu perfetta, ed è Dio stesso che lo conferma affermandone la Bontà , come si legge nella Genesi.

 Il mondo che sparisce con la discesa della Santa Gerusalemme non è quello creato da Dio ma quello che è stato deturpato dal peccato di Adamo.

Con l’acquisizione della conoscenza del Male il nostro progenitore ha ottenuto una doppia visione del creato ed è proprio quella che ci ha trasmesso.

 Di ogni cosa creata gli uomini ne vedono anche l’aspetto che il Serpente, che altri non è che il Maligno, ha voluto che vedessero, ovverosia il Male.

 Se prima per l’uomo tutto era Buono dopo non fu più solo tale.

Ma il mondo era rimasto così come Dio l’aveva creato, era l’uomo che era stato cambiato dal Maligno.

L’intima Bellezza del mondo in cui vivi è rimasta tale quale Dio la creò.

Mutata purtroppo è la sua “apparenza”, ma non la sua “essenza”.

E questa mutazione è dovuta all’opera dell’uomo così come il Maligno l’ha mutato.

Ma sempre e comunque di “apparenza” si tratta, ovverosia dal modo con cui si guarda.

Quindi sono gli uomini o almeno alcuni di essi, che non riescono a vedere, al di là del  Male, la  Bontà del mondo, che comunque persiste nella sua originaria Bellezza.

Lo sguardo di S. Francesco infatti quando incontrò il lupo aveva superato il Male e potè vederne l’intima Bontà voluta dal suo Creatore.

 Ed allora non fu il primo mondo imperfetto, ma quello voluto dal Maligno attraverso l’opera dell’uomo.

Maligno che, come Gesù  ben tre volte lo ha definito ,  era ed ancora ne è il Principe.

Gli ultimi tuoi dubbi in ultima analisi riguardano le conseguenze che la sparizione del primo mondo avrebbe sul peccatore e la pena alla quale è stato condannato.

A questa domanda non mi è dato rispondere

A nessuno è dato infatti conoscere il Pensiero del Signore.

Dovrai quindi rivolgerti alla tua fede per darti le risposte che con questa siano coerenti.

 Io potrò solo controllarne, quando sarai pronto, la solo la coerenza logica”

E con queste parole sparì dai miei occhi sentendone io tuttavia la sua presenza nel mio animo.


mercoledì 7 agosto 2024

La domanda più difficile

 

Ieri mattina sono andato in chiesa per assistere alla funzione funebre per la morte di un giovane di soli 18 anni, nipote di una carissima amica, in un incidente stradale.
La chiesa era letteralmente gremita di giovani amici del defunto il cui numero talmente elevato , calcolai nel minimo di oltre 100 , mi lasciò stupefatto.
Mi domandavo infatti che cosa avesse avuto di eccezionale quel giovane per raccogliere intorno a se tanto affetto.
La risposta che mi diedi non poté che essere la partecipazione affettiva nei confronti di tutti coloro che in vita gli  erano stati intorno e che ieri ne sentivano la mancanza.
Dunque una  bontà assolutamente fuori da ogni comune aspettativa.
Questa mia conclusione  venne in qualche modo confermata dall’omelia che il celebrante aprì con l’invocazione a tutti i presenti di non “incolpare Dio” per tale morte.
Ma non ne diede alcuna spiegazione.
Anche nell’omelia di questa domenica il celebrante, commentando il passo del vangelo di Marco che racconta la guarigione del lebbroso che   si era rivolto a Gesù dicendo  “ Se tu lo vuoi puoi farlo” , ha evidenziato la potenza di Dio, omettendo però di soffermarsi sulla volontarietà da cui tale potenza dipende.
A questo punto non ho potuto non domandarmi, ma se il Signore avesse voluto avrebbe di certo potuto evitare quella morte così come aveva voluto mondare il lebbroso, ed allora, perché non l’ha fatto ?
Ed ancora: perché noi uomini di “poca fede” dovremmo cercare comunque di non “incolpare Dio” ,  certo non già di quella morte , ma quanto meno di non aver voluto evitarla ?
Ma se la risposta, per quanto riguarda la nostra fede, non può essere altro che la “qualità”  di quella che noi abbiamo mentre quella del giovane di certo era superiore, perché diversamente non si spiegherebbe l’affluenza alla cerimonia funebre, perché Dio non ne ha voluto la sopravvivenza all’incidente stradale ?
Ed ancora come possiamo, noi uomini di “poca fede”, accettare l’ulteriore invito del celebrante il rito funebre a  tutti coloro che amarono il giovane, a superare il dolore attraverso la certezza della beatitudine che il Signore di certo stava concedendo  al giovane ?

Quante e che domande ti sei posto Gian Carlo” mi disse l’Angelo la sera quando l’ho trovato che mi spettava in salotto, “ ma sai benissimo che le risposte devi trovarle da solo. Io posso solamente guidarti in questa ricerca”

“ Capisco” risposi “ che la ricerca che mi chiedi, pur se non mi porterà alla certezza della  veridicità delle risposte che potrò darmi, indubbiamente aumenterà la QUALITA’ della mia fede, e questo sarà un gran risultato.

Prenderò quindi  le mosse da alcune certezze.

La prima: che il peccato originale, quale che sia stato, si è risolto in una scelta di indipendenza dei nostri progenitori   rispetto alla volontà del Creatore, che ha portato come conseguenza l’assoggettamento alla morte, che , non essendo stata voluta nella creazione, trova  evidentemente origine demoniaca.

Ovverosia  nell’assoggettamento al Demonio stesso come si desume dalla definizione PRINCIPE DEL MONDO che Gesù ben tre volte ne dà nel Vangelo di Giovanni.

La seconda: che la morte del giovane quindi fu voluta da tale Principe , e di conseguenza non può essere incolpato il Signore.

Ma resta il fatto che pur avendone il potere non volle evitarla, come avrebbe ben potuto. E in fondo a questa colpa si riferiva il celebrante nella sua omelia.

Dunque la ricerca dovrà incentrarsi su quale fosse la volontà del Signore nel momento dell’incidente .

Posto che tale domanda non ha possibilità alcune di risposta per via del vincolo spazio temporale in cui siamo immersi che  impedisce, ai nostri sensi oltre che alla nostra ragione, la effettiva comprensione dello  stesso concetto di eternità in quanto privo di inizio e  fine come tutto ciò che ci circonda.   

Ne consegue che così come non ci è dato comprendere l’essenza  del nostro Creatore se non come infinito  amore, che però proprio la sua mancanza di limiti ce  ne rende impossibile l’effettiva comprensione, altrettanto avviene per la sua volontà. 


venerdì 24 novembre 2023

Il Peccato più grande



Alcuni giorni dopo l’ultimo colloquio con il mio Angelo lo ritrovai che mi aspettava, sapendo evidentemente che la mia introspezione era terminata.

“Dunque Gian Carlo, i tuoi dubbi riguardavano le conseguenze che la sparizione del primo mondo, che Giovanni nell’Apocalisse aveva predetto, riferendo le parole stesse del Signore sulla discesa della Santa Gerusalemme, avrebbe avuto sul peccatore e sulla pena alla quale era stato condannato.

Ed io ti avevo risposto che le risposte dovevi cercarle tu stesso nella Fede che Dio ti aveva dato.

Ed allora sono io che ti domando come hai risolto i tuoi dubbi ?”

Caro Angelo in primo luogo mi sono domandato quale fosse il peccato meritevole di pena perché ritengo che il giudizio divino abbia preso in esame non il peccatore in se ma il peccato commesso.

Mi sono ricordato allora che Papa Ratzinger era giunto alla conclusione che il peccato è uno solo ossia aver ritenuto di poter escludere Dio dalla propria vita, perché in fin dei conti tutte le violazioni  sia del decalogo che del primo comandamento di Gesù circa l’amore per il prossimo, presuppongano consciamente o inconsciamente tale esclusione, che a ben vedere è lo stesso peccato che commise Lucifero.

Se questo è il peccato il peccatore è assolutamente simile a quello e come lui è destinato a sparire e con esso sparirebbe anche la pena.

Ed è giusto che sia così , perché la cognizione della pena inflitta il peccatore l’avrebbe avuta nel “momento” stesso del Giudizio Divino, rendendosi conto dell’esistenza di quel  Dio del quale aveva escluso l’esistenza ,  e che a lui veniva negato per l’eternità.

Perché quel Giudizio avviene fuori dello spazio e del tempo ed in quanto tale nell’eternità di Dio.

Un “momento” dunque eterno anche per lo stesso peccatore.

Sennonché quando credevo di aver risposto ai miei dubbi me ne sorse un altro che riguardava la sparizione col primo mondo anche di quelle bellissime opere che alcuni artisti pur se peccatori meritevoli di sparizione avevano compiuto in vita.

La risposta l’ho trovata proprio nella bellezza o meglio nella provenienza della stessa.

Perché se è pur vero che le opere in se stesse sono frutto dell’attività materiale dell’artista , la bellezza in esse infusa trova la sua fonte nell’anima del suo autore e questa è quella che Dio stesso gli ha dato.

Ed a quell’anima non può quindi addebitarsi quell’esclusione di Dio meritevole di pena.

Ma c’è di più . Quella bellezza è stata voluta da Dio perché potesse essere conosciuta degli uomini e attraverso lei intuirne la provenienza divina.

L’artista dunque altro non è che lo strumento usato e quindi voluto dal Signore, ed allora non è concepibile che possa sparire con il primo mondo un tale essere che in vita è stato così vicino alla perfezione di Dio.

Ma allora la bellezza  lo salverà ?

Caro Angelo, a questa domanda non ho risposta ma solo una speranza.

Ed è che tutti i peccatori,  e non solo gli artisti , che negarono l’esistenza di Dio abbiano nel “momento” del giudizio l’umiltà di chiedere il Suo perdono.

Perché credo che la misericordia di Dio non lo negherà.


domenica 27 novembre 2022

Domande

 





Rileggendo il racconto “ L’Angelo Caduto” giunto al capitolo “ La fine”, nel quale Lucifero, dopo aver riaffermato il proprio rifiuto all’Amore di Dio e prima di sparire per sempre sotto la spada dell’Arcangelo Michele, ode la voce di Giovanni che in chiusura de “L’Apocalisse” pronuncia l’ultima visione.

Allora vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da presso Dio, pronta come una sposa, abbigliata per il suo sposo.
Ed udii venire dal trono una gran voce che diceva.
< ecco il Tabernacolo di Dio tra gli uomini! Egli abiterà presso di loro; essi saranno il suo popolo e Dio stesso dimorerà con gli uomini. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non vi sarà più morte, né lutto, né grido, né pena esisterà più, perché il primo mondo è sparito.>”

Chiudevo quindi il racconto con questa frase:
“ E quando la voce tacque si accorse che anche lui stava sparendo per sempre.”

Rileggendo, come ho detto, il racconto ho sentito di proseguire così quell’ultima frase:
“ma quel che più conta, comprese, nell’ultimo istante, che l’Amore di Dio gli aveva risparmiato quello “Stagno di fuoco e zolfo” dove Giovanni aveva predetto che sarebbe stato tormentato nei secoli dei secoli.
Perché in quell’ultimo istante comprese che Dio aveva così ultimato la Creazione del “Primo mondo” e con quello spariva anche l’Angelo che lui era stato, quando fu scaraventato sulla terra”.

Ma ora, caro Angelo, mi e ti domando se con quell’ultima aggiunta ho inteso dire che la Creazione non si è ultimata “il sesto giorno”, bensì con la vittoria definitiva sul Male come ha predetto Giovanni.
E che con la scomparsa del “ primo mondo” sarebbe scomparso pure l’Inferno con tutti i peccatori?
Ma questa scomparsa in definitiva non si configurava quale annullamento delle pene alle quali erano stati condannati?
Ma costoro erano esistiti oppure con la loro scomparsa veniva cancellata anche la loro esistenza?
E allora perché Giovanni dichiara che Dio “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”?


Speranza

 




Nell’omelia della Messa richiesta da un mio amico in memoria della moglie morta l’anno precedente, il celebrante ha spiegato come i credenti possano superare o meglio affievolire il dolore per la perdita subita, approfondendo l’affermazione di Cristo, peraltro fondamentale, “Io ero, sono e sarò”. Prendendo le mosse dai concetti di “Nostalgia, Memoria e Speranza” ne indicava la seguente corretta interpretazione.

Nostalgia come il sentimento struggente di un tempo felice passato;
Memoria come la consapevolezza di essere noi stessi la memoria di tutti coloro che, nel bene e nel male, hanno contribuito a farci divenire ciò che siamo, e per ciò stesso di contenere in noi quelli stessi;
Speranza di poter ritornare in quel felice passato;
il celebrante indicava in Cristo e quindi in quella sua affermazione, il superamento del dolore per i più colpiti dalla perdita della persona cara, ovvero della tristezza per gli altri presenti.
Perché, spiegava sempre il celebrante, Cristo “ Era il Signore di quel periodo felice passato, E’ il Signore di questo presente, Sarà il Signore del felice futuro promesso a coloro che credono in lui”

Più tardi ripensandoci su, pur concordando in toto con quelle conclusioni , non potei fare a meno di rilevare:

1°- che, seppure la “memoria” siamo noi stessi, ciò vale per gli altri che in noi ritrovano aspetti e comportamenti che furono delle persone scomparse, ma non per noi che di quelle sentiamo dolorosamente la mancanza;
2°- che proprio quel dolore che ci attanaglia non ci consente di provare quella “nostalgia”di un tempo felice passato, perché questa, come giustamente osservava il celebrante, è un sentimento struggente che però , a mio parere, non è mai doloroso, e di conseguenza impedisce ogni altro sentimento;
3°- che solo attraverso un atto di Fede nell’eternità di Cristo, che “era” quando eravamo felici, “è” nell’odierno momento doloroso, e “sarà” quando ci riuniremo in Lui ritrovando la passata felicità, saremo in grado di superare quel dolore per la perdita subita, trasformandolo in nostalgia.

Ma allora, se solo attraverso la Fede è possibile superare quel dolore e ciò che si raggiunge è solo la nostalgia, ma questa è quel sentimento struggente per una felicità passata e per ciò stesso perduta, e quindi non ci rimane altro che la speranza per una futura felicità in Cristo, mi viene fatto di domandarmi quale vita ci aspetti se non quella di una mera attesa.
Ed ancora, poiché la perdita subita è connaturata con la vita stessa, e perciò stesso ineluttabile, solo “la nostalgia” caratterizza la vita che il Creatore ci ha donato?
Ma questa abbiamo visto che si riferisce alla felicità perduta, ma se è così come si concilia con la inimmaginabile felicità che Cristo ci ha promesso?
Esistono forse due tipi di felicità dopo la morte ?
Oppure quella che Cristo ci ha promesso annulla nella sua totalità quella  “ nostalgia” che caratterizza la nostra vita?
In altre parole ci annulleremo in quella?
Ma se è così l’omelia del celebrante era errata e la nostalgia di cui parlava era destinata a non essere esaudita.
Ma questa conclusione si pone in assoluto contrasto con l’amore del precetto “chiedete e vi sarà dato”.

La sera con il mio Angelo ho espresso quelle conseguenze che a mio parere potevano derivarne dalle parole del celebrante, per averne il suo parere.
Non ho dubbi” ho esordito “Che qualunque felicità ci derivi da Cristo quale atto d’amore nei nostri confronti, perché la felicità è uno stato dell’anima, o forse addirittura una sensazione, e come tale non può e non deve essere confusa con la materialità dei fatti o degli spettacoli che l’hanno resa possibile in noi.
Infatti quegli stessi fatti o spettacoli vissuti da un altro soggetto, ovvero da noi stessi in un altro momento, potrebbero non avere lo stesso effetto.
Uno stato dell’anima, non solo personale, ma altresì diverso da quello precedente e da quello successivo, e quindi, quel che più conta, del tutto eccezionale rispetto a quello normale.
La domanda, a questo punto inevitabile, riguarda la felicità in se stessa.
Abbiamo detto che è uno stato dell’anima, possiamo anche dire che sia una sensazione,  di euforia forse, ma di che tipo?
Di certo quella che ci conduce “fuori di noi”,
Ma sono tante.
Escluse quelle che incidono riduttivamente sulla nostra coscienza, perché la sensazione di felicità per essere veramente tale deve essere cosciente, ché diversamente si tratterebbe di uno stupido annullamento della propria fisicità.
Dunque: Sensazione = Sentimento ?
Credo di si.
Ma quale?
San Francesco diceva che la perfetta felicità si prova quando, ritornando di notte in convento  dopo una giornata di freddo, si accetta di buon grado che il portone resti chiuso a causa del sonno pesante del padre guardiano, rendendo così possibile offrire al Signore quel piccolo sacrificio.
Dunque: Felicità = Accettazione di sacrifici, e quindi dei dolori? E di conseguenza offerta al Signore di quelli ?
Nessuno dei due, tuttavia ambedue essenziali.
Nessuno dei due, perché atti volontaristici e quindi che non conducono ad un “fuori di se”, che mi sembra quale stato essenziale della felicità.
Tuttavia tali atti, per S. Francesco, sono altrettanto essenziali per quella che si configura così come la ricompensa che il Signore ci da per l’offerta da noi a Lui fatta.
Ora non c’è dubbio che il Signore ricompensi sempre i sacrifici che gli vengano offerti in quanto manifestazioni d’amore, ma non credo che tale ricompensa sia esclusiva solo di quelle offerte, perché assolutamente riduttiva dell’amore del Signore per le sue creature.
Bisogna ritornare a quel “fuori di noi”, ossia a quel momento in cui ci liberiamo dai vincoli dello “Spazio/Tempo” in cui la nostra natura fisica ci costringe.
Perché solo in quel momento, ma sarebbe meglio dire in quell’istante, perché tale è la sua durata, noi ritorniamo nel grembo del Creatore.
Infatti al di là dello “Spazio/Tempo” esiste solo il Creatore presso cui , appunto, ritorniamo.
Ma se il nostro è un “ritorno”, ed altro non può essere perché diversamente si negherebbe la Creazione, tale “ritorno” comporta il mantenimento di quella specificità, o unicità che ci fu data al momento della nostra singola creazione, come innegabilmente si desume dalla diversità di ogni singola creatura nello “Spazio/Tempo”.
Ma se in quel ritorno vengono mantenute le singole specificità e queste sono quelle che ci costringevano entro lo spazio/tempo, come può verificarsi quel “fuori di noi” che ipotizzavo come assolutamente necessario per raggiungere la felicità che Cristo ci ha promesso.?”

“ Il problema che mi hai esposto” prese a dire il mio Angelo “ non è di facile soluzione proprio per quella costrizione spazio temporale in cui l’umanità, e tu con essa, si trova.
Tuttavia una risposta ti è dovuta per la tua fede.
Ma non sarà la risposta che ti attendi perché non saresti in grado di comprenderla per via appunto di quella costrizione, quindi ti risponderò con le parole che Dio stesso ha dettato a Giovanni perché le riportasse nell’Apocalisse precisandogli: “ Non sigillare le parole della profezia di questo libro, poiché il tempo è vicino”.
E Giovanni dopo aver visto scendere dal cielo la Santa Gerusalemme udì le parole del Signore che dicevano: “ Ecco il Tabernacolo di Dio fra gli uomini. Egli abiterà con loro, essi saranno il suo popolo e Dio stesso dimorerà con  gli uomini. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi.”
Ecco dunque la risposta al tuo problema.
La vita eterna che Cristo ci ha promesso non sarà un ritorno nella mente del Creatore così da divenire un tutt’uno che, se da un lato annullerebbe ogni propria singolarità, dall’altro ci farebbe in un certo qual modo partecipi della sua divinità
Dalle parole riportate da Giovanni si desume chiaramente che dopo la resurrezione l’eletto manterrà la propria umanità e con essa il proprio passato tanto che Dio stesso “asciugherà ogni lacrima”, e così tra l’altro ritroverà quel “felice passato” di cui in vita aveva provato nostalgia.
Non vi sono due specie di felicità, quella di un felice passato e quella inimmaginabile del ritorno presso il Creatore, perché la prima altro non è che una ulteriore manifestazione dell’Amore di Dio per tutte le sue creature.
La  felicità” che ci è stata promessa è dunque quella che Giovanni indica nella vita eterna che ogni singolo eletto vivrà con Dio nella Santa Gerusalemme, mantenendo  ogni singolarità così che queste nel loro insieme saranno “ il suo popolo”.
Come vedi non ha senso domandarsi come o quale sia “in pratica” questa felicità perché la santa Gerusalemme non soffre alcuna costrizione e quindi tale termine non ha alcun senso.
A quella domanda, così umana peraltro, potrà rispondere solo la tua fede e non la tua ragione, come in effetti tu vorresti.
“E più non dimandare.”


sabato 19 marzo 2022

La perfezione di Dio

 


Una mia amica mi aveva fatto leggere un mini racconto che girava sulla rete, e che poneva la domanda quale fosse perfezione di Dio.

Il raccontino in questione narrava di un ragazzino minorato fisicamente che, assistendo ad una partita di baseball tra ragazzi, domandava al padre se quei ragazzi lo avrebbero fatto giocare nonostante che il suo handicap motorio lo rendesse palesemente inadatto.
Alla richiesta del padre uno dei giocatori rispose che essendo la sua squadra destinata inequivocabilmente a perdere l’incontro, ben volentieri avrebbe fatto entrare il  ragazzino.
Il lancio della palla che  il “lanciatore” della squadra avversaria effettuò fu di estrema facilità  ed il ragazzino, peraltro aiutato da un suo compagno, riuscì a colpirla seppure con scarsissima forza, tanto che questa volò lentamente verso la prima “base”.
Mentre il ragazzino arrancava faticosamente verso quella base  ove la palla stava viaggiando con molto anticipo su di lui, e quindi la presa del giocatore avversario lo avrebbe eliminato, questi incredibilmente se la fece scappare dalle mani, consentendo così al ragazzino di conquistare quella prima base.
A quel punto i compagni di squadre urlarono al ragazzino di proseguire la sua corsa verso la seconda base che peraltro, data la sua lentezza motoria, non avrebbe sicuramente raggiunto prima dell’arrivo della palla che il giocatore di prima base avrebbe dovuto lanciare con tutta la forza possibile a quello della seconda.
Sennonché, senza una ragione tattica apparente, la prima base lanciò la palla con estrema lentezza tale da consentire al ragazzino di raggiungere la seconda base prima della palla.
Da questa, obbedendo agli incitamenti che ormai tutti i giocatori delle due squadre gli urlavano, il ragazzino proseguì la corsa verso la terza base ove, come era già avvenuto per la precedente, giunse prima della lenta palla che anche la seconda base aveva lanciato.
Ormai sia da parte dei giocatori tutti che dagli spettatori era un urlato incitamento per il ragazzino a proseguire la sua faticosa corsa. Questa terminò con il raggiungimento dell’ultima base e la conseguente vittoria della sua squadra.
Raggiungimento che veniva acclamato con grida gioiose  di tutti i presenti sia giocatori che tifosi delle due squadre in campo, e con  assoluta felicità del ragazzino, che piangendo si unì a quelle urla.
Questa, concludeva il racconto, era la “Perfezione” che Dio cerca in noi.

La sera però ripensando a quel raccontino, pur essendo totalmente d’accordo con la risposta conclusiva circa la perfezione cui dobbiamo tendere, mi sembrava, in ultima analisi, che non avesse risposto alla domanda iniziale che concerneva la “Perfezione di Dio” e non quella cui noi dobbiamo tendere.
Alzatomi dal letto trovai il mio Angelo che già mi aspettava in salotto.

“Vedi Gian Carlo” esordì lui prima ancora che io gli esponessi il mio dubbio “ la tua sensazione circa la mancata risposta alla domanda iniziale non è giusta.
Il racconto voleva  indicare  solo come la perfezione sia facilmente raggiungibile, contrariamente a quanto si pensa, e quale sia quella che il Signore vuole che noi cerchiamo.
Ovverosia l’amore incondizionato per il nostro prossimo.
E questo amore non richiede grandi sacrifici, ma solo totale dedizione, e questa a sua volta può manifestarsi anche per il limitato tempo di un fine partita di baseball, ma in quel limitato tempo si può raggiungere la perfezione.
E così raggiungere quella perfetta felicità, che tutti i presenti hanno provato nell’istante in cui il ragazzo ha raggiunto l’ultima base.
Perché è di tutta evidenza che la discesa in campo di quel ragazzino aveva suscitato un’ondata di sincero affetto nei suoi confronti, cancellando quella pena che indubbiamente aveva suscitato il suo faticoso arrancare verso la sua postazione di gioco.
Ed è stata proprio la purezza di quel comune sentimento d’amore che ha consentito loro di provare un istante di assoluta felicità nel momento in cui il ragazzino conquistava l’ultima base.
Perché la felicità è un dono che il Signore fa a tutte le creature che seguono il suo comandamento d’amore per il prossimo.
Ma la purezza di quel sentimento comune nasceva anche dalla inconfessata certezza che il Signore avrebbe esaudito ciò che tutti speravano: la vittoria del ragazzino sul suo grave handicap.
Un atto di fede dunque nella bontà divina  che aveva fatto in modo da consentire a quel ragazzo ciò che mai più avrebbe pensato di poter ottenere: giocare e vincere per merito solo suo una partita di baseball. Fede ed amore quindi che meritavano la felicità da tutti provata.

Ma  veniamo alla domanda iniziale.
A te è sembrato che il racconto non abbia risposto alla domanda circa la perfezione di Dio. Ma non è così, il racconto ci dice che indistintamente tutti coloro che erano presenti presero parte alla corsa del ragazzo, e quel che più conta lo fecero anche i tifosi della squadra avversaria con gli stessi giocatori, ben sapendo che in tal modo avrebbero perso la gara, tuttavia i primi lo incitarono ed i secondi lo aiutarono lanciando palle lente per dargli il tempo di giungere alle successive basi.
Il perché di simile comune comportamento, lo abbiamo visto, si spiega con l’improvviso amore che tutti provarono per il ragazzo ed ancor più col desiderio di dargli una felicità che, dato il suo stato fisico, non era assolutamente raggiungibile, e per ciò stesso inimmaginabile.
E quando lui raggiunse l’ultima base e con essa la perfetta felicità, tutti ne furono partecipi.
Ebbene in quell’istante,  così come il ragazzo si era liberato da tutti i tremendi vincoli a cui il suo corpo handicappato lo legava, altrettanto avveniva per tutti i presenti.
In altre parole tutti si erano liberati della materialità del proprio corpo per raggiungere la totale spiritualità della felicità che stavano provando.
Si erano dunque trasformati in puro spirito, quindi fuori dai vincoli di spazio e  tempo in cui la mente umana è in grado di pensare.  
Per un istante dunque la felicità che provarono  aveva liberato il loro spirito che naturalmente era ritornato a far parte del Tutto da cui era uscito con la Creazione.
Ti domando allora Gian Carlo, qual è la risposta alla domanda iniziale che si desume da quel racconto?”

Per un momento rimasi interdetto perché la risposta che mi veniva alla mente era inconcepibile: qual era la perfezione di Dio?, ed a me pareva di saperlo.
“La felicità” risposi titubante “ Perché quel racconto ci dice che l’essenza di Dio è uguale a quella perfetta felicità che tutti i presenti a quella partita provarono seppure per un istante”
Poi aggiunsi: “ Credo infatti che  lo sconosciuto autore di quel racconto abbia avuto una ispirazione divina, perché, come nelle parabole, il senso profondo è celato sotto l’apparenza del semplice racconto.
Infatti l’iniziale sensazione era quella che alla domanda principale non fosse data risposta, e solo attraverso la “Logica” del tuo discorso  l’ho potuta intendere.
Ma quella “Logica” mi riporta al Vangelo di Giovanni  che nell’originaria stesura greca inizia  con la frase : “In principio era il LOGOS ed il LOGOS era presso Dio e Dio era il LOGOS”.
Se è così il VERBO ha nuovamente parlato attraverso la moderna parabola che quello sconosciuto autore ci ha raccontato  e che tu mi hai svelato.